Finalmente qualcuno spiega la realtà della P.A. italiana e del personale che per essa lavora con coscienza

Lunedì 08 Settembre 2014 14:45
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Sul Corriere della Sera del 5 settembre una intervista vera ad un collega del Ministero dell’Interno che rompe con i luoghi comuni di cui si beano quanti non conoscono e non vogliono conoscere nulla degli apparati pubblici del nostro Paese

 

 

Oggi tutti parlano del contratto del personale delle Forze dell’Ordine (cui spettano compensi  maggiori se effettivamente impiegati in attività rischiose come l’ordine e la sicurezza pubblici) ma paradossalmente nessuno parla del personale in servizio presso le pubbliche amministrazioni, che si caratterizza per uno status decisamente  deteriore  e meno garantista rispetto a quello di un poliziotto, pur essendo spesso addetto a funzioni particolarmente impegnative sotto il profilo giuridico-amministrativo e non immuni da rischi e disagi. Basterebbe pensare agli uffici che si occupano dei contributi per le vittime del racket e dell’usura; si tratta di personale in prima linea che deve conoscere alla perfezione il diritto amministrativo, il codice penale e le relative procedure, le leggi speciali in materia, avere conoscenze puntuali di  informatica e partecipare alle riunioni del minipool previsto dalla legge; gli interlocutori sono le Procure della Repubblica, la magistratura in genere,  gli avvocati, le forze di Polizia, le associazioni a tutela degli usurati, e poi gli interessati, spesso disperati e protagonisti di vicende complicate, non sempre chiare e  spesso pericolose. La mole di lavoro delle prefetture è spaventosa ma le poche persone che gestiscono questi uffici , dove nessun dirigente vuole andare, percepiscono mediamente  1300 euro al mese, come nel 2009 ed hanno vinto un regolare concorso, cui di norma hanno partecipato decine di migliaia di persone.

Del concorso per entrare nelle amministrazioni pubbliche,  articoli 51 e 97 della Costituzione per chi non lo sapesse, si parla poco, anzi pochissimo, fatta eccezione per la favola/assioma che si entra solo per raccomandazione.

Si potrebbe parlare degli uffici amministrativi che si occupano dell’immigrazione, che sono impegnati da anni fino allo stremo nelle procedure di rilascio di nulla osta e di permesso di soggiorno: guardare i numeri per credere; analizzare per esempio la procedura di emersione da lavoro irregolare disciplinata dal D.Lgs. 109/2012 che ha imposto agli operatori di ministero e prefetture di occuparsi, in riferimento a grandi numeri e a grandi difficoltà, di aspetti probatori, di valutazione delle certificazioni, di profili retributivi, contributivi e fiscali dei lavoratori stranieri, di navigare nella banca dati Inail del DURC, di conoscere alla perfezione il monumentale Testo Unico sull’Immigrazione, di essere provetti informatici, di fare pure attività d’ordine di fronte alle massive presenze di stranieri agli sportelli, di conoscere il diritto amministrativo ed in parte talune sezioni del codice civile, di avere dimestichezza con il contenzioso etc.,  sempre per 1300 euro mensili, con decurtazione giornaliera in caso di malattia, cosa che non avviene per altre categorie di lavoratori.

Ci sarebbe da raccontare degli oltre 1000 euro che un dipendente pubblico che lavora al centro di Roma deve pagare  annualmente per entrare in zona a traffico limitato, ossia per andare a lavorare, ci sarebbero centinaia di cose da dire a chi non ne sa nulla e non ne vuole sapere nulla, a chi fa comodo sapere che nella pubblica amministrazione italiana si entra per raccomandazione e non si fa niente per una vita intera. Bella favola. Poveraccio chi ci crede;  vuol dire che ha un campo di conoscenza, di analisi, di attenzione e di curiosità, anche da semplice cittadino, prossimo allo zero.

Ma questi sono solo brevi accenni di un mosaico enorme e variegato. E’ certo che la professionalità al servizio dello Stato è un dato che fa paura e non va né acquisito né divulgato, altrimenti questi uomini e queste donne, che lavorano con onestà e competenza, con profili culturali superiori alla media (quasi tutti sono laureati!!!)  spesso incardinati in contesti  organizzativi modesti , collocati in ambiti lavorativi angusti (altro che legge 626 …) dovrebbero essere pagati con ben altra moneta, magari secondo gli standard europei…….

Di questi tempi è giusto partecipare alla spending review, ma gari dirottare i risparmi per i mancati rinnovi contrattuali verso una seria politica a favore del lavoro dei giovani.

Cose da fare e da dire ce ne sono ma intanto questa intervista, pubblicata su un autorevole quotidiano come il Corriere della Sera rappresenta un primo passo per approdare ad una realtà e ad una conoscenza ravvicinata che dovrebbe essere diffusa per far capire a tutti i cittadini dove sono i veri sprechi,  quali sono le effettive magagne pubbliche, come si realizza la corruzione perpetrata ad alti livelli,  come si blindano i privilegi, un mondo al quale il pubblico dipendente, quello dei 1300 euro per intenderci (con tanto di laurea) è di norma estraneo anzi di questo sistema è la prima vittima.

L’intervista sul Corriere della Sera del 5 settembre 2014

Io statale con lo stipendio a 25mila euro bloccato da cinque anni

Emanuele Finocchi, 57 anni, non vede un aumento dal 2009. Rinuncia alle vacanze e

fa la spesa solo al discount. Gli 80 euro? Per lui sono solo 20

di LORENZO SALVIA

 

«Incavolato? Triste più che altro. Quando ho sentito la notizia alla tv ho ripensato al giorno

in cui vinsi il concorso per entrare al ministero». Un bel giorno. «Per la felicità andai al

santuario del Divino Amore, 20 chilometri a piedi da casa mia. La famiglia, i figli: pensavo

di essermi sistemato. Tornando indietro forse quel pellegrinaggio non lo rifarei». Era il

1985, Emanuele Finocchi stava per lasciare il suo posto da ragioniere in una ditta che

produceva scaffali in ferro per diventare un dipendente del ministero dell’Interno.

Dipartimento di pubblica sicurezza: posto fisso, stipendio certo, un italiano tranquillo.

Adesso ha saputo che il suo stipendio, fermo dal 2010, sarà bloccato per un altro anno. E

la tranquillità sembra averla persa da un pezzo.

 

Il governo dice che i soldi per rinnovare i contratti non ci sono.

«Per carità, so bene che il momento è difficile e che tutti dobbiamo fare dei sacrifici. Però

dopo i grandi annunci finisce che se la prendono sempre con noi: blocco degli stipendi,

così son bravi tutti».

 

Quanto guadagna lei?

«A 57 anni sono a 25 mila euro lordi l’anno, sui 1.300 netti al mese. Esattamente la stessa

somma che prendevo nel 2009. Solo che nel frattempo è aumentato tutto: la spesa, le

bollette, per non parlare delle tasse sulla casa, dall’Imu alla spazzatura».

 

Ha preso il bonus da 80 euro, però.

«Per me sono meno di 20 euro, perché mi trovo in quella fascia di reddito che il bonus lo

prende solo in parte. Per fortuna mia moglie, che lavora alle poste, lo prende tutto. Ma alla

fine siamo più poveri di prima e anche noi abbiamo dovuto fare la nostra spending review».

 

A cosa avete dovuto rinunciare?

«Il primo taglio è stato per le vacanze. Fino a qualche anno fa andavamo una settimana

sulla riviera romagnola, adesso a Ostia dalla mattina alla sera con il panino nello zaino e

l’acqua del rubinetto. Poi la spesa: ho trovato un mercato lontano da casa, al Quadraro,

dove sulla frutta e sulla verdura si riesce a risparmiare qualcosina. Il supermercato, poi,

l’abbiamo proprio abolito. Solo discount».

 

Non ha mai avuto la tentazione di arrotondare con un secondo lavoro?

«Guardi, quella del ministeriale che si trova un lavoretto in nero è una favola. Magari

qualche anno fa, quando l’economia girava, per qualcuno funzionava così. Io non ci ho

mai pensato ma adesso, anche volendo, non troverei nulla. E se mai trovassi qualcosa la

girerei ai miei figli. Sono precari tutti e due e se la passano ancora peggio di me e mia

moglie. Noi almeno uno stipendio fisso ce l’abbiamo».

 

Ecco, almeno il posto non lo rischiate.

«Ma l’ha vista la riforma della pubblica amministrazione? Revisione degli organici, mobilità.

Il posto pubblico non è più garantito come una volta. E poi questo non può essere l’alibi

per continuare ad accanirsi su di noi».

 

Cantava Gigi Proietti: “Me so’ trovato un posto al ministero, per legge’ in santa pace il

Messaggero”. Non c’è nemmeno un po’ di verità nella cattiveria di quella battuta?

«È il tipico atteggiamento di chi gli uffici pubblici li vede solo da fuori. Io sono orgoglioso di

lavorare per lo Stato, lo faccio con passione, con responsabilità. La maggioranza la pensa

come me. Poi certo, gli sfaticati ci sono in tutti i lavori. Anche nel suo, no?».

 

Lei cosa avrebbe fatto per risparmiare sulla pubblica amministrazione?

«Tagliato tutte le esternalizzazioni. Anche alcuni servizi amministrativi vengono affidati a

ditte esterne. Perché? Potremmo usare i dipendenti che sono dentro e risparmiare un po’

di soldi. Oppure le auto blu».

 

Non sono state tagliate?

«All’inizio Renzi aveva detto che ne avrebbe lasciate quattro per ministero. E invece sono

molte di più. La verità è che dopo gli annunci arrivano le resistenze. Solo con noi

dipendenti pubblici può andare giù duro: siamo carne da cannone e non ci difende

nessuno».

 

Sarebbe stato meglio non vincerlo quel concorso?

«Rimanendo nella mia vecchia ditta avrei guadagnato molto di più. E magari da ragioniere

sarei diventato pure commercialista».

 

Senta, ma esiste ancora quella ditta dove lavorava prima?

«Era al Mandrione (un’area di Roma tra la Casilina e la Tuscolana, ndr), ha presente?

L’ultima volta che sono passato da quelle parti non l’ho vista. No, credo abbia chiuso

qualche anno fa».

(Roma, 5 settembre 2014)