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Home Norme e diritto Sesto Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia. Articolo dell'avv. Valeria Bordi

Sesto Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia. Articolo dell'avv. Valeria Bordi

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Giovedì 14 febbraio il Centro Congressi di Palazzo Rospigliosi, a Roma, ha ospitato rappresentanti del mondo politico, della magistratura, dell'imprenditoria, delle forze dell'ordine e degli operatori di settore.......

 

 

 

per dibattere sui risultati del "Sesto Rapporto sui crimini alimentari in Italia", un documento composito di assoluto rilievo in quanto emblematica fotografia aggiornata di come e quanto la criminalità organizzata sia introdotta e sempre più interessata al mercato agroalimentare.

Sono intervenuti Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico della Fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, che ha svolto anche il ruolo di coordinatore, Gian Maria Fara, presidente Eurispes, i ministri Alfonso Bonafede (Giustizia) e Matteo Salvini (Interno); il parterre è stato  impreziosito dalle presenze di Federico Cafiero De Raho, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, di Raffaele Cantone, presidente Autorità nazionale anticorruzione; di David Ermini, vicepresidente Consiglio superiore della magistratura; di Nicola Morra, presidente Commissione parlamentare antimafia. Ha concluso i lavori Ettore Prandini, presidente Coldiretti e “Osservatorio Agromafie”.  Qualcuno ha detto che, nell'occasione, è stato apparecchiata la tavola de “Il crimine nel piatto degli italiani” con i casi più eclatanti, dall’antipasto al dolce, di portate e pietanze illegali, frutto di traffici, inganni, frodi e manipolazioni di ogni genere.

E' ben noto come l'intera filiera del settore, dalla produzione fino al consumatore finale, attraverso le numerose fasi intermedie, sia fortemente "appetita"  dalle cosche malavitose, che non lesinano "attenzioni" in ogni branca del mondo agroalimentare, incluso l'autotrasporto, la rinascita delle zone terremotate (Amatrice, Castelluccio, Norcia, Colfiorito ed altri luoghi di eccellenza alimentare) e  la ristorazione collettiva, in cui il nostro Paese costituisce il terzo mercato in Europa. La vitalità dell'intero comparto è fondamentale per l'economia nazionale e locale, per il lavoro regolare, sistematicamente attaccato dalle cosche del caporalato,  vive e vegete nel meridione, come pure per la salute dei fruitori finali, sui quali gravano i rischi derivanti da adulterazione (modifica della composizione del prodotto attraverso l'aggiunta di elementi estranei), da contraffazione (produzione con sostanze diverse da quelle concorrenti alla normale formazione, con conseguente falsificazione dell'origine botanica e/o geografica della produzione), oppure da sofisticazione (aggiunta di sostanze estranee alla composizione originaria per migliorarne il gusto), da alterazione (drastica modifica delle caratteristiche organolettiche del prodotto, dovuta a processi degenerativi spontanei).

Se i media sono sempre più attenti alla  luccicante vetrina della buona cucina italiana e dei prodotti che ci consentano di primeggiare a livello mondiale, non mancano notizie buie ed allarmanti sui prodotti che rendono unico  il nostro modo di cucinare; ci si riferisce alla illecita immissione sul mercato di prodotti "italian sounding",  ossia "che suonano italiano" ma che nulla hanno a che fare con la nostra tradizione e con il nostro sistema di produzione: in primis il parmigiano e il prosciutto ma la lista è sempre più lunga, dalla conserva di pomodoro al miele, ai vini etc. ed i responsabili di questa manipolazione non sono sempre Paesi sottosviluppati o annoverabili nella black list della manipolazione alimentazione. Spesso la commercializzazione di tali falsi è favorita o accompagnata da fake news mirate che veicolano false asserzioni o  finti miti sul cibo: il latte fa male, l'ananas brucia i grassi, il kamut è una varietà antica di cereali con proprietà esclusive, si può fare a meno di mangiare carne, le banane sono le più ricche di potassio, i grassi vanno totalmente eliminati dalle diete, l'intollerante al lattosio non deve mangiare formaggi, lo zucchero di canna non fa ingrassare etc,  tutte affermazioni facilmente contestabili dagli esperti e dagli studiosi. Una cosa è certa; il made in Italy  alimentare è costantemente attaccato e fortemente a rischio: basti pensare che un pacco di pasta italiana su tre è realizzato con grano estero. La preoccupazione è tanta; l'ANAC, Autorità Nazionale Anti Corruzione, ben conosce le tante, variegate, e spesso originali, tipologie di reati riscontrabili nel settore agroalimentare, dalle frodi, all'usura, fino all'abigeato (furto di animali), che qualcuno riteneva scomparso, ed invoca una risposta complessiva ai fenomeni criminali, che parta da un reale coordinamento, non solo delle forze dell'ordine ma di tutte le componenti sane della società, quindi di istituzioni, media, partiti, associazioni di imprenditori, lavoratori e consumatori. Anche l'Europa deve allinearsi su una guerra di posizioni e di valori non più differibile, tenuto conto che non tutti gli alimenti nell'Unione Europea rispettano le stesse regole e che indubbiamente la normativa italiana in materia alimentare è più rigorosa di quella applicata negli altri Stati del vecchio continente. Intanto in Norvegia il cannolo italiano viene battezzato dalla stampa scandinava come "il dolce mafioso", episodio mediatico che meriterebbe una replica dura e definitiva. Quali iniziative sono ipotizzabili per contrastare efficacemente il mosaico delle criminalità nel settore agroalimentare? Strategie e soluzioni preziose sono quelle elaborate dal magistrato Gian Carlo Caselli nell'ambito della Commissione di studio per la riforma dei reati agroalimentari, prima tra tutte l'individuazione di un luogo istituzionale preposto a raccogliere e condividere le esperienze e le professionalità sviluppatesi in tale ambito; detta cabina di regia, cui spetta l'onere di coinvolgimento delle università e dei centri di ricerca in una pianificazione che non può fare a meno del contributo  delle associazioni di categoria e delle camere di commercio, industria ed artigianato,  e che deve costituire il centro di elaborazione delle strategie complessive per contrastare le agromafie. In concreto è di prioritaria rilevanza la intensificazione dei controlli sul sistema di erogazione dei fondi per l'agricoltura, che, per quanto riguarda la Politica Agricola Comune (PAC) consta di circa 25 miliardi di euro sotto forma di aiuti diretti agli agricoltori, finanziati dall'Unione europea. Sul piano normativo appare necessaria ed urgente la previsione del reato di agropirateria, che si ravviserebbe quando gli illeciti di frode in materia alimentare non sono posti in essere da vere associazioni criminali ma comunque da soggetti che agiscono con sistematicità attraverso l'allestimento di mezzi o attività organizzate. La commissione del reato prevede sanzioni importanti, compresa la reclusione fino a sei anni e la sanzione fino a 75.000 euro nei casi di maggior rilevanza. Un altro fronte consiste nel fornire sostegno alle attività di gestione e valorizzazione dei beni confiscati, affiancando gli assegnatari con professionisti in grado di risolvere questioni amministrative e gestionali complesse, che spesso si riscontrano nella prima fase dell'affidamento. Un altro aspetto di primaria grandezza riguarda le misure di contrasto alla diffusione della criminalità organizzata nel settore ortofrutticolo, che andrebbero a colmare il vuoto di legalità esistente attraverso l'introduzione, nei grandi mercati ortofrutticoli, come quello di Fondi, di misure tecniche, quali la lettura ottica di tutti i mezzi utilizzati per il trasporto delle merci, la  tracciabilità delle merci; il divieto di pagamento con moneta contante;  la vigilanza a campione sui camion, come pure di misure amministrative, quali la riforma delle società che gestiscono tali strutture con la previsione di un referente ANAC per la segnalazione di casi sospetti nella fornitura di beni e servizi, la nomina di un responsabile della sicurezza che verifichi periodicamente la certificazione antimafia e la composizione delle società anche cooperative che operano all'interno delle aree dei mercati; un collegamento  diretto con gli organi di polizia giudiziaria per concordare periodiche ispezioni e verifiche, ma anche espulsioni, dai mercati, dei soggetti  già condannati per reati contro il patrimonio, per associazione mafiosa e  per sfruttamento lavorativo. Il procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho, nel corso del convegno, ha sottolineato l'esigenza indifferibile di una comunicazione efficace tra le autorità giudiziarie competenti, affinchè si pervenga quanto prima ad una conoscenza condivisa ed aggiornata dei flussi informativi circolanti in materia. Un primo passo avanti è stato compiuto nel 2018 dall'intesa stipulata da  Coldiretti e Italmercati che prevede anche un codice etico di filiera da diffondere ed adottare presso tutti i mercati. In merito allo sfruttamento lavorativo è d'obbligo un rafforzamento e una valorizzazione della disciplina sul caporalato che non può prescindere da ispezioni più intense e più efficaci.  Importanti sono anche una maggior cura nella selezione dei soggetti assegnatari dei beni di interesse agricolo oggetto di confisca e  nell'accertamento dei requisiti di professionalità, che devono essere pienamente e rigorosamente rispettati al pari della applicazione dei contratti di lavoro, per accedere ai benefici pubblici erogati dall'Unione europea, dallo Stato e dalle Regioni.

Il dibattito è finalmente aperto ma le parole devono uscire dai saloni delle conferenze per arrivare sul territorio, nei mercati, nei supermercati e nei negozi, fino ai ristoranti ed alle tavole imbandite nelle case degli italiani.

 

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