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Home Norme e diritto IL FENOMENO DEL PENTITISMO: LA GENESI, LA NORMATIVA, IL RUOLO DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA

IL FENOMENO DEL PENTITISMO: LA GENESI, LA NORMATIVA, IL RUOLO DEI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA

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Il tema del pentitismo, altrimenti conosciuto come collaborazionismo, è di costante attualità ed il fenomeno presenta un andamento piuttosto regolare anche se i media periodicamente hanno la capacità di sollecitare picchi di interesse riferiti a particolari personaggi. L’Italia è il più grande produttore al mondo di “pentiti”

 

 

anche per la presenza, nel nostro paese, di fenomeni di criminalità organizzata endemici nel meridione (mafia, camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita….).
La nascita del fenomeno e riconducibile al momento storico in cui grandi boss hanno cominciato a “parlare” del proprio mondo malavitoso, forse per la loro stessa intolleranza ad una criminalità senza limiti (noti i casi di Buscetta e Contorno). L’interesse dello Stato e della magistratura a conoscere il mondo impenetrabile delle cosche mafiose e similari e la necessità di proteggere i pentiti da punizioni e ritorsioni da parte di boss e nemici hanno portato alla prima legge di disciplina del sistema di protezione: legge 82 del 15 marzo 1991, che ha convertito con modifiche il DL. 8 del 15 gennaio 1991.
Il fenomeno viene quindi regolamentato (benefici carcerari, sconti di pena, carceri ad hoc, nuova identita per i pentiti, aiuti economici etc.) ma ci sono taluni buchi normativi , dovuti evidentemente alla prima emergenza, e gradualmente sanati dalle leggi di modifica (legge 13 febbraio 2001 n.45). Lo Stato e la magistratura fin dall’inizio incoraggiano il fenomeno ma non ci sono fondi neri come ritenuto indebitamente da qualcuno, anzi sul fenomeno c’è una puntuale relazione semestrale al Parlamento da parte degli uffici ministeriali interessati (Direzione centrale polizia Criminale).

Gli organi del sistema di protezione: innanzitutto l’Autorità Giudiziaria, che propone il sistema di protezione per i collaboratori e decide se il soggetto e a rischio e se e quali familiari necessitino di protezione. L’organo politico, ossia la Commissione mista insediata presso il Ministero dell’Interno e presieduta dal Sottosegretario con delega alla polizia, che decide sulla ammissione della proposta.
Il Servizio Centrale di Protezione (Ministero Interno) è l’organo esecutivo, presieduto da un Questore o da un Generale dei Carabinieri (alternanza triennale), controllato da governo e forze politiche, che si occupa di dare attuazione all’intero programma di protezione.
Procedura: Puo nascere con l’arresto di un criminale (il caso dei fratelli Brusca, ed è l’ipotesi più comune) che decide di parlare oppure puo nascere con una collaborazione spontanea indipendentemente da un arresto. L’Autorità Giudiziaria fa la proposta di “protezione” al fine di avere notizie utili, la Commissione decide sulla ammissione e gli uffici ministeriali competenti mettono in atto il programma di protezione. Il Servizio Centrale di Protezione provvede all'attuazione degli speciali programmi di protezione e di assistenza, ivi compresa la promozione delle misure di reinserimento nel contesto sociale e lavorativo dei collaboratori di giustizia e degli altri soggetti ammessi al programma, formulati dalla Commissione Centrale di cui all'art. 10 del D.L. 15.1.91 n.8. Provvede inoltre all'attuazione delle misure adottate, in casi di particolare urgenza, dal Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, a norma dell'art. 11 della legge n°82/91. A tal fine mantiene i rapporti con le Autorità Giudiziarie e di Pubblica Sicurezza, nazionali ed estere, nonché con i competenti organi dell'Amministrazione Penitenziaria e con tutte le altre Amministrazioni centrali e periferiche eventualmente interessate. Attraverso 14 Nuclei Operativi, con competenza regionale o interregionale, cura la diretta attuazione delle misure di assistenza economica contemplate nel programma e garantisce il necessario supporto. Con “l’intervista” il personale ministeriale prende conoscenza diretta dall’imputato della sua intera esistenza, della sua personalità, della disponibilità a collaborare etc…. Differente è lo status del testimone di giustizia (Legge 45 del 2001), ossia di colui che ha assistito ad un evento delittuoso o ne è rimasto coinvolto ed ha pari bisogno di protezione. I numeri: attualmente in Italia ci sono circa 900 collaboratori di giustizia, piu 5000 familiari; 70 testimoni di giustizia piu 200 familiari. Perché il criminale collabora? Quasi mai per motivi morali, sempre per i vantaggi connessi alla protezione, soprattutto in presenza di figli minori. Il collaboratore di giustizia può avere permessi premio dal Giudice di Sorveglianza e può perfino essere messo in liberta dopo aver scontato una certa misura della pena, come previsto per legge. Il pentitismo ed il collaborazionismo hanno permesso l’arresto di pericolosi boss come Toto Reina, ma il problema della gestione di circa seimila persone esiste . Ci si chiede al riguardo: la legge ed il sistema di protezione funzionano? Il fatto che la legge originaria sia ancora vigente e che sia poi stata modificata in vari punti lascia pensare di si.

Come funziona la protezione? La prima fase è il trasferimento (di solito di notte e dal sud al centro-nord) del personaggio “pentito” e dei suoi familiari, che viene allontanato dalla sua zona di origine e residenza (i familiari possono decidere di non seguire il pentito). La seconda fase e il trapianto del nucleo familiare in una nuova realta sociale dove sorgono, soprattutto per i minori, problemi di lingua (spesso parlano in dialetto), di rapporti umani, di amicizie, di parenti abbandonati (Sindrome da sradicamento). I benefici possono riguardare il lavoro, la scuola, l’arredamento e tutto il necessario per una vita decente, a cui si aggiungono benefici carcerari se il collaboratore deve scontare una pena. Per un inserimento morbido dei pentiti nelle nuove realtà si preferisce la tecnica della mimetizzazione (il cosiddetto lasciarli stare) per non dare visibilita al “trapianto sociale”. Il problema piu grande e la mentalita dei pentiti (non sono abituati a pagare le bollette, hanno comportamenti “strani”: qualcuno ha perfino si cementato il giardino, altri stendono i panni nell’androne del palazzo). Il contributo mensile ai pentiti, che si aggiunge alla disponibilità di un appartamento dignitoso, e parametrato al nucleo familiare, all’ indice Istat sul costo della vita, alla misura degli assegni sociali etc. La “collaborazione si fonda su un contratto che viene stipulato tra lo Stato ed il collaboratore di giustizia. Le lamentele di qualche pentito (Memorabile il caso di un incatenato di fronte alla questura Genova) trova fondamento in pretese eccessive (una villa anziche un appartamento) e non concordate nel contratto. Se il pentito continua e delinquere e inadempiente dal punto di vista contrattuale. Il programma di protezione contiene tutti gli elementi necessari a proteggere il collaboratore, con la correlata gestione del nucleo familiare, che la legge tende sempre a salvaguardare, in vista di una evoluzione dello stesso grazie all’inserimento in un ambito sociale più civile. Documenti di copertura: sono necessari per creare una nuova identita del pentito (c’è un regolamento specifico in tale materia). Se la nuova identità è bruciata, ossia svelata, si crea un' altra identità, si va in un altro luogo, in un’altra casa. Viene in pratica creata un’altra esistenza (dalle vaccinazioni, alle scuole fino agli eventi piu recenti); nei casi estremi sembra che si ricorra anche ad un mutamento chirurgico della faccia. Quanto dura la collaborazione? Fino a quando c’è una fattiva collaborazione e fino a che esista un rischio per il pentito (decide al riguardo l’Autorita Giudiziaria). A fine protezione, al fine di un reinserimento sociale e nell’intento di evitare che il soggetto torni a delinquere, viene a questo corrisposta una somma di denaro, previa presentazione di un progetto di reinserimento (cosa fare con i soldi della “liquidazione”, che lavoro svolgere, come gestire l’economia familiare etc.).


 

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