L'Alfabeto di Pubblilio Siro, il vademecum delle massime morali che i romani dell'età di Cesare conoscevano a menadito |
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Giovedì 23 Maggio 2019 13:07 |
Questo insieme di brevi sentenze morali non fu ripreso dagli insegnamenti di un filosofo ma dal repertorio di un teatrante molto in voga agli albori dell'impero, capace di deliziare le platee con rappresentazioni mimiche intervallate da battute argute, apprezzate tanto dalla nobiltà che dal popolino
Poco si sa della vita di Publilio Siro se non che, schiavo originario della Siria, fu condotto a Roma ove gli fu data quella libertà che gli consentì di diventare un apprezzato mimo drammaturgo, stimato perfino da Cesare per le sue acute battute teatrali. La sua popolarità in tutti i ceti della Roma preimperiale (nacque intorno al 90 a.C.), va ricondotta principalmente ad una serie di aforismi, le Sententiae, circa 700, lunghe non più di un verso, molte delle quali divenute quasi proverbi di indole morale, arrivati nelle diverse culture di ogni angolo di mondo. Questi adagi furono talmente popolari che si decise di raggrupparli, ripartiti per lettera, così da diventare "l'alfabeto" sentenzioso di Publilio Siro, una autentica miniera di massime ancora oggi valide. Ne riportiamo qualcuna: Amicum perdere est damnorum maximum Perdere un amico è il massimo tra i danni Arcum intensio frangit animum remissio La tensione rompe l'arco, l'accondiscendenza l'animo Avarum irritat non satiat pecunia Il denaro stuzzica l'avaro non lo sazia Bene cogitata saepe ceciderunt male I piani ben elaborati spesso finiscono in malo modo Bis ille miser ante qui felix fuit Due volte misero è colui che prima fu felice Commune naufragium omnibus solatio est Naufragio comune è un sollievo per tutti (mal comune mezzo gaudio) Deo favente naviges vel vimine Con Dio favorevole puoi navigare anche su una cesta Exigua vitae pars est quam nos vivimus E' una piccola parte della vita quella che noi viviamo Famam curant multi pauci conscientiam Molti fanno attenzione alla buona reputazione, pochi alla coscienza Gravissima est probi hominis iracundia Tremenda è la collera dell'uomo per bene Heredis fletus sub persona risus est Il pianto dell'erede sotto la maschera è riso Iniuriarum remedium est oblivio Il rimedio alle ingiurie è il dimenticare Levis est fortuna cito reposcit quod dedit Mutevole è la fortuna; presto chiede indietro ciò che ha dato Metue senectam non enim sola advenit Temi la vecchiaia, infatti, non viene mai sola Non ad rogata respondendum semper est Non si deve sempre rispondere alle domande Occasio aegre offertur facile amittitur L'occasione a stento si offre, facilmente si perde Pacem cum hominibus bellum cum vittis habe Mantieni la pace con gli uomini, la guerra con i difetti Quot servos totidem habemus quisque hostes domi Tanti nemici abbiamo in casa quanti sono i servitori Rivalitatem non amat victoria La vittoria non predilige la rivalità Si nil velis timere metuas omnia Se non vuoi temere nulla, diffida di tutto Tacendo non incurritur periculum Col tacere non ci si imbatte nel pericolo Ulcera animi sananda magis quam corporis Si devono curare più le ferite dell'animo che quelle del corpo Viri boni est nescire facere iniuriam E' proprio del galantuomo non sapere arrecare offesa |