L’avvocato Mignogna ha ricostruito la vicenda dello scudetto del 1915 ai microfoni di Radio Radicale (dal sito https://www.sololalazio.it/ - di Enrico De Lellis - 11 Aprile, 2020

Giovedì 16 Aprile 2020 17:27
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“L’idea di scrivere il libro “Lo Scudetto Spezzato” nasce dal fatto di rendere giustizia alla Lazio. L’argomento è importante e crea un parallelismo con i tempi che stiamo vivendo. Nel 1915 un evento extra calcistico ha gettato nel dramma l’intera popolazione italiana e il calcio in generale.

 

 

All’epoca vigeva un potere che prendeva la sua forza nella zona nordica del paese. Noi ci stiamo battendo affinché possa essere ristabilita la storia, che non è quella che vede il Genoa Campione d’Italia. La Lazio di quell’epoca ha visto perdere la vita a tanti suoi calciatori, andati in guerra, in più ha contribuito ai fini di aiutare la città di Roma mettendo a disposizioni i suoi campi da gioco come orti, in modo che la popolazione potesse cibarsi tranquillamente. Con il libro raccontiamo delle verità, anche se in seguito abbiamo scoperto ulteriori documenti che ci danno ragione. In questo momento i problemi sono altri e non è giusto parlare di queste cose, quando c’è una popolazione che sta soffrendo a causa del Covid 19. Però prima o poi la Federazione dovrà dare il suo responso su quello che considero un’ingiustizia. Noi non chiediamo che il titolo venga recesso al Genoa; chiediamo che il titolo venga dato anche alla Lazio perché la storia dice questo.  Abbiamo raccolto 40 mila firme, attraverso una petizione, per portare la causa alla giusta attenzione della FIGC, Federazione stessa che ha messo nero sul bianco il fatto di non avere per iscritto il documento di assegnazione dello scudetto al Genoa. La Lazio non si è mai fermato alla fase eliminatoria, come molti sostenevano. La Lazio ha vinto il campionato del suo girone. Il 22 maggio del 1915 l’Italia stava entrando in guerra, ma già nel 1914 c’è stata una mobilitazione da parte di molti calciatori ad abbandonare il pallone ed entrare nell’esercito. Parliamo di un calcio dove i calciatori erano dilettanti non professionisti. Il Genoa addirittura acquistò due calciatori pagandoli, cosa vietata ma la Federazione chiuse un occhio. In tempi moderni la squadra sarebbe andata incontro ad una penalizzazione. In più sempre il Genoa fu complice di un doppio tesseramento anche con il Roman. La Lazio trionfò nel suo girone con grande merito, anche se la storia non ha dato il giusto valore a quell’impresa. Molti giornali scrissero, ripeto, che i biancocelesti si fermarono alle fasi eliminatorie. Non è assolutamente vero: la Lazio vinse il suo campionato.

 

Dobbiamo tenere conto che all’epoca tutta la comunicazione era svolta al Nord, perciò non mi stupisco che molte testate hanno fin da subito preso le parti del Genoa. Il Settentrione ha sempre considerato il calcio una loro creatura e la Lazio non era vista di buon occhio. Magari non sospesero il campionato perché  convinti che la fase bellica sarebbe durata qualche mese. In realtà durò molto di più, come noto. E nel ’19 si aprì un grosso punto interrogativo. In realtà però non si sà bene cosa si sarebbe dovuto assegnare. Perché non c’è nessun documento che comprovi l’oggetto del contendere. Entrambe le squadre persero molti calciatori in guerra. l Genoa ne aveva anche di conosciuti. La Lazio forse anche di più, perché era una Polisportiva, con atleti intercambiabili. gli stessi che praticavano il football praticavano anche altri sport. tanti persero la vita, o portarono cicatrici. Fu una cosa che riguardò tutte le squadre. Credo sia l’Inter quella con più caduti. Ma proprio perché fu tragicamente coinvolgente, sotto tutti gli aspetti, credo ci voglia più spirito solidale per valutare queste cose. Anche da Genova. Perché con un evento grave e importante come la Grande Guerra e tutto quello che ne conseguì in termini positivi e negativi. Non voglio entrare nel merito della faccenda storica. Ma fu un evento che coinvolse tutta la popolazione italiana. Mi sarei aspettato più solidarietà da tutti i fronti. Invece, purtroppo, ho trovato tante posizioni pretestuose e strumentali.

 

Chiaramente non sono rimasto benissimo riguardo l’atteggiamento di alcuni sedicenti storici, soprattutto diparte genoana. La loro tesi è basata su fonti che già tutti quanti conoscevamo. Dal momento che però abbiamo scoperto tante cose in più che non si conoscevano, proprio perché la Grande Guerra coinvolse tutta la popolazione e non soltanto una parte dell’Italia, e soprattutto considerando che è risultato oltremodo provata la discriminazione territoriale verso il centrosud, io credo che da parte degli amici genoani, tenuto conto che nessuno gli vuole togliere niente, un consenso sull’ex aequo sarebbe stato qualcosa di intelligente e di elegante. Perché avrebbero dimostrato spirito sportivo di ben altro spessore e perché manca anche a loro ancora un riconoscimento ufficiale. Per ora, quello scudetto si tramanda in via ufficiosa. Adesso invece c’è l’occasione, finalmente, di avere un provvedimento formale e ufficiale. Potrebbero quindi prevenire altre contestazioni in futuro. Oggi si sta muovendo la Lazio, ma un domani nessuno può escludere che ci possa essere, faccio un esempio, un gruppo di storici sampdoriani, che frugando tra le carte, potrebbero contestare mancanza di ufficialità. L’ex aequo metterebbe al sicuro uno scudetto ancora traballante. Per quanto riguarda la federazione, devo dire la verità, sono incappato in due presidenti federali, entrambi degni di stima. Tavecchio immediatamente nominò una commissione federale che si mise all’opera e poi a giugno del 2016, ormai è passato un po’ di tempo, rassegnò un parare accluso al verbale di un consiglio federale, in cui si scrisse che l’unico rimedio di sanare il vulnus era proprio di assegnare il titolo a pari merito. Poi purtroppo c’è stato un semestre bianco post Tavecchio, le nuove elezioni, il commissariamento di lega e FIGC, finché non è stato eletto Gravina. Altro galantuomo e persona degna di stima, che a gennaio 2019 promise la nomina di una commissione storica. A giugno lo fece, era tutt’ora al lavoro, stava ultimando il tutto, prima che accadesse questo problema del Coronavirus. Mi risulta che abbia acquisito il dossier, corposo e voluminoso che abbiamo costruito insieme agli amici del centro studi 9 gennaio 1900, che conta più di 3000 pagine. E se non ho interpretato male, anche questa commissione dovrebbe aver concluso che l’istanza di parte laziale è assolutamente fondata.

 

Siamo stati noi a recuperare gli unici documenti ufficiali che erano stati seppelliti dalla storia. E nessuno venga a dire che la Lazio poteva protestare all’epoca. Perché la Lazio usci dalla grande guerra a pezzi. Tant’è che a reggere il comitato regionale della FIGC non c’era un membro romano, ma un milanese, che fece anche una discreta carriera in FIGC. L’ingegner Mauro. Con le società romane disfatte, non credo avesse tra i propri obiettivi quello di perorare gli interessi della Lazio. In primi il campionato nazionale secondo noi non fu assegnato, sia perché guardava a un contesto “Nord-centrico”. A quell’epoca, c’era un pochino di retaggio culturale, soprattutto al Nord, che faceva pensare che l’Italia finisse alla linea del po’. non si guardava oltre, anche nel calcio, tutto ciò che stava a sud non veniva considerato. C’è una lettera di un giocatore laziale del ’23, che protestò con una rivista, prima di una finale nazionale, tra la Lazio che aveva di nuovo vinto il campionato centro-sud, e il Genoa, di nuovo vincitrice a nord, perché sulle pagine era già stata di fatto laureata campione la squadra genovese., prima ancora che si giocasse la partita.

 

Io mi auguro che non venga utilizzato lo stesso criterio del 15. All’epoca la confusione regnò sovrana e fu il potere a dettar legge. Oggi spero che ci siano sensibilità e principi di equità diversi che possano portare a decisioni più sagge. Ho sempre detto che l’emergenza Coronavirus è sicuramente la cosa più importante. Dobbiamo essere sicuri che questo incubo finisca. Dopo di che sono sicuro che la federazione attuale porterà a compimento questo campionato o che possa fare delle scelte per non arrivare alle stesse polemiche ultracentenarie. Viviamo in un periodo in cui la comunicazione è molto sviluppata. Sarebbe difficile commettere un errore di quel tipo. All’epoca non c’era nemmeno la radio. Era più facile commettere “qualche errore in buona fede” (sarcasmo, ndr) senza che nessuno se ne accorgesse. Oggi la consapevolezza è diversa”.

Video intervista su Radio Radicale