Codice della Strada: pagamento parziale della sanzione pecuniaria comminata

Domenica 04 Ottobre 2009 00:00
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Le conseguenze per il cittadino inadempiente, la disciplina in materia ed i rimedi esperibili. Di Alberto Bordi

La regola vuole che il cittadino destinatario di una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione del Codice della Strada, provveda entro i termini di legge al pagamento integrale di quanto dovuto. Ma cosa succede se, per una qualsivoglia causa, il pagamento avviene in misura parziale rispetto all’intero dovuto? La problematica è di grande rilievo, sia sul fronte delle amministrazioni pubbliche, fortemente depauperate dal mancato introito per intero di tutte le sanzioni pecuniarie comminate, e sia sul fronte del singolo cittadino, che si trova esposto a pagare delle somme di gran lunga superiori alla somma indebitamente non versata all’erario.

La norma che disciplina tale fattispecie è l’art. 389. del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, D.P.R. 16/12/1992 n.495, articolo titolato “Ricevibilità ed effetti dei pagamenti (art. 206 C.s.)”:

1. Il pagamento effettuato in misura inferiore rispetto a quanto previsto dal codice, non ha valore quale pagamento ai fini dell'estinzione dell'obbligazione.

2. Nei casi di cui al comma 1 la somma versata è tenuta in acconto per la completa estinzione dell'obbligazione conseguente al verbale divenuto titolo esecutivo, e la somma da iscrivere a ruolo è pari alla differenza tra quella dovuta a norma dell'articolo 203, comma 3, del codice, e l'acconto fornito.

3. L'eventuale pagamento, oltre sessanta giorni dalla contestazione o notificazione, ma prima della formazione del ruolo, è pari alla somma dovuta a norma dell'articolo 203, comma 3, del codice, oltre alle spese del procedimento e non dà luogo all'emissione del ruolo stesso. In tal caso deve essere rilasciata quietanza analoga a quella di cui all'articolo 387. La somma riscossa fa parte dei proventi di cui all'articolo 206 del codice, unitamente a quelli riscossi a mezzo dei ruoli di cui all'articolo 27 della legge 24 novembre 1981, n. 689.”

La norma richiamata, ossia l’ art. 203, 3. c. del Codice della Strada (D.Lgs. 285 del 1992) prevede “Qualora nei termini previsti non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento.

Dal combinato di tali disposizioni il cittadino che non abbia pagato per intero la sanzione dovuta si trova esposto alla sgradevole sorpresa di ricevere una cartella di pagamento di importo pari alla metà della sanzione amministrativa edittale (di solito piuttosto alta) decurtata di quanto già versato. E fin qui l’impianto normativo non fa una piega, perché presuppone una mirata volontà, una arbitrarietà, una consapevolezza del destinatario della multa originaria a non pagare l’intero.

Ma cosa succede se la differenza tra il dovuto originariamente ed il versato effettivamente consiste in pochi euro ed è conseguenza di una svista nello scrivere il bollettino postale o altro modulo utilizzato per il pagamento? Non è giusto e non è pensabile che un lapsus calami,una mera svista per una differenza di pochi euro possa produrre sanzioni ed effetti così devastanti e sproporzionati nella sfera economica del singolo cittadino. Purtroppo la norma non fa alcun distinguo né sull’entità del non pagato né sulla motivazione del mancato pagamento per intero.

In tali casi l’ordinamento prevede il ricorso al Giudice di Pace ma gli esiti non sono sempre confortanti per gli interessati Ci si può rivolgere al Prefetto per l’annullamento della cartella in via straordinaria ma i casi in cui il titolare della Prefettura possa provvedere in tal senso sono tipizzati , come nel caso in cui risulti che la sanzione sia stata già pagata per intero, e non lasciano spazio ad alcuna discrezionalità amministrativa.

A porre ordine nella materia c’è stata invero una circolare del Ministero dell’Interno, la n. 2413/13 del 20 novembre 2003, che ha preso in considerazione i casi di cittadini che, sanzionati ai sensi del Codice della Strada, abbiano effettuato il pagamento in misura (di poco) inferiore rispetto a quanto previsto dallo stesso Codice e senza una precisa volontà in tal senso. In un caso concreto, emblematico, dall’applicazione della norma è scaturita una vistosa incongruenza del sistema, in quando ad un cittadino è stata notificata una cartella esattoriale il cui importo è risultato sproporzionato rispetto alla irrilevante modestia della quota di sanzione non corrisposta: il cittadino, per aver a suo tempo pagato dieci lire in meno, si è visto notificare infatti una cartella esattoriale di € 459,20.

Nella circostanza il Ministero dell’Interno ha chiarito che la situazione lamentata, come altre analoghe, rappresenta una distorsione applicativa della disposizione che pure mantiene intatta la sua validità per prevenire comportamenti fraudolenti. Tutto ciò, ovviamente, purchè la norma venga interpretata ed applicata con intelligenza e ragionevolezza, in una parola con quell’elementare buonsenso che serve ad impedire conseguenze macroscopiche tra ciò che è stato pagato e ciò che invece sarebbe dovuto ai sensi della disposizione. Resta ovviamente inteso che questo criterio non può in ogni caso tradursi in discrezionalità amministrativa o tecnica connessa con l’applicazione di norme il cui presidio si fonda certo sul rispetto, ma anche sulla correlazione tra disposizione e imparzialità della pubblica amministrazione. Questi criteri risultano, avvalorati, oltre che da un generale richiamo alle norme costituzionali, soprattutto da i principi generali dell’ordinamento giuridico, vigenti in materia, tra i quali si collocano in primo luogo quelli del sistema paragiurisdizionale dell’attività penale, consacrati in modo inequivocabile dall’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Tale disposizione esclude la punibilità quando la condotta è stata determinata da errore sul fatto, ovvero posta in essere in buona fede o senza coscienza e volontà. Si ricorda pure che il nostro sistema sanzionatorio risulta ancorato rigorosamente al principio della proporzionalità delle sanzioni, che in fattispecie, come quella considerata, rischierebbe di essere compromesso o addirittura calpestato in toto.

Ad avviso dello scrivente, laddove si sia in presenza di una differenza minima tra versato e dovuto e che questa differenza sia ascrivibile ad un errore in buona fede dell’interessato, dovrebbe essere configurabile un pagamento a posteriori, da parte di questi, della differenza non versata, maggiora degli interessi legali.

Alla stregua di tali argomentazioni appare particolarmente significativa la circolare del ministero che invitava in detta sede i Prefetti a voler ricorrere all’istituto dell’autotutela, strumento elettivo per migliorare la qualità dell’azione amministrativa, ogni qualvolta fosse necessario intervenire per rimuovere effetti abnormi, incoerenti e contradditori con la legislazione. L’intento di questa luminosa circolare risulta chiaramente quello di tradurre in concreto i criteri enunciati, secondo un giusto contemperamento tra le esigenze di giustizia, che scaturiscono dalla rigorosa applicazione della legge, e la garanzia dei diritti che coincidono con le aspettative dei cittadini nei confronti di un’amministrazione moderna e trasparente”. In ogni caso è utile, e può risultare risolutivo del problema, in caso di arrivo di una cartella esattoriale di importo consistente e relativa ad un pagamento parziale di una sanzione amministrativa, contattare gli uffici della Polizia stradale competenti per territorio. Questi uffici, in determinate situazioni, ovviamente documentate dall’interessato, possono procedere allo sgravio amministrativo, sollevando il cittadino da un tormento fastidioso ed oneroso, che ha molto spesso il sapore amaro dell’ingiustizia combinato alla beffa ed all’impotenza di fronte al “sistema esattoriale”.