Nostalgia della lira: alla riscoperta di simboli, aneddoti e quotazioni delle care monete oramai fuori corso di Alberto Bordi

Domenica 04 Ottobre 2009 14:30
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Tutti noi italiani siamo legati da un affetto particolare alla vecchia lira, simbolo dell'unità nazionale e parte integrante della nostra storia, in particolare degli anni del boom economico che le valsero nel 1960 il prestigioso riconoscimento dell'oscar monetario da parte del Financial Time. Erano i tempi in cui si cantava "se potessi avere mille lire al mese" e di una conoscenza precisa, quasi pesata "alla lira", del valore delle cose,

 

che oggi, soprattutto ai meno giovani, sembra offuscato dal contesto internazionale dell'euro, quello stesso che però ci permette di andare all'estero a fronte alta e senza temere sorprese di cambio, come avveniva in passato. Ma quando e come nasce la nostra cara lira? Per averne traccia bisogna rifarsi addirittura a Carlo Magno, non ancora imperatore ma re dei Franchi, il quale introdusse, tra il 780 ed il 790, il sistema libbrale, ossia impostato sulla libbra o libra d'argento, del peso di 434 grammi, dalla quale si ricavavano 240 denari oppure 20 soldi. Da allora la lira, eccone spiegata la derivazione etimologica, cominciò ad essere più che altro "nominata", in quanto come moneta non esisteva fisicamente, ma fungeva solo da unità di “conto” e così rimarrà per qualche secolo. Un altro imperatore, Napoleone, nel 1808, fece coniare la prima lira italiana con un peso pari a 5 grammi d'argento dalla Zecca di Milano, ma la moneta non durò molto perché a seguito della Restaurazione ciascun staterello coniava la propria. Ci avviciniamo a grandi salti al Regno d'Italia, che anticipò la coniazione repubblicana, anche se prima dell'unificazione monete con il nome di lira circolarono anche nella repubblica Cispadana ed in quella Cisalpina. Il bel monumento che a Rieti, in piazza Cavour, ricorda i 140 anni della lira italiana, ci aiuta a fissare i termini della esistenza in vita della nostra lira: la famosa "liretta" con la cornucopia, simbolo di fortuna ed abbondanza, tenuta orgogliosamente tra le mani dalla donna che rappresenta l'Italia, è datata 2001, anno della sua fine corso, mentre sul fronte opposto, la statua mostra la cosiddetta "lira stemma" datata 1861 che riporta il profilo di Vittorio Emanuele II, fissandone la genesi ufficiale nell'era moderna.

 

Merita di essere visitato questo monumento dedicato alla lira, creato su progetto di Daniela Fusco e realizzato dalle Fonderie Caggiati di Parma grazie, ironia della sorte, alla fusione di ben 2.200.000 esemplari di monete da 200 lire! Oltre all'affetto c'è però una diffusa curiosità sui soggetti raffigurati sulle lire oramai fuori corso, sul valore degli esemplari più rari, sugli aneddoti legati a specifiche monete. Per quanti non abbiano grande dimestichezza con la numismatica, la scienza che si occupa delle monete (dal greco nomisma = moneta), va ricordato che ogni moneta viene identificata con un nome, che esiste un dritto ed un rovescio, come per le medaglie, e che la valutazione di un esemplare è legata a tanti fattori, tra i quali è di particolare rilievo, come per i francobolli, lo stato di conservazione, che ha qui una precisa classificazione a decrescere che va dal fior di conio (FDC) allo splendido (SPL) al buonissimo (BB) al molto buono MB). Uno degli interrogativi più frequenti quando si ritrovano vecchie monete in lire, appartenute ai nostri genitori o addirittura ai nonni, è se queste abbiano o meno un valore economico, al di là del fascino intrinseco che le accompagna. Prendiamo ad esempio una moneta di particolare bellezza, come le famose 500 lire in argento, "le caravelle", che se in buono stato, hanno una valutazione oscillante tra i 40 e i 100 euro. Se invece siete in possesso di uno dei circa mille esemplari "edizione Prova" che la zecca coniò con le bandiere controvento ossia verso sinistra, si parla di una quotazione non lontana dai 5000 euro. Invece le 500 lire in argento del centenario non hanno un gran valore a differenza della versione Prova del settimo centenario della nascita di Dante - 1965 - che può arrivare ad una valutazione fino a 3000 euro. Unica nel suo genere, la moneta celebrativa della nascita di Guglielmo Marconi, che presenta la scritta, in luogo di Repubblica Italiana, di Repubaliana Blica It, viene valutata solo 800 euro, se perfetta. Simile alle 500 lire d'argento è la moneta da mille lire in argento commemorativa del centenario di Roma capitale d'Italia, comunemente chiamata "concordia" dal peso di 14,6 grammi; un fior di conio non arriva ai 15 euro di valore, che diventano anche 800 se con la scritta PROVA. Ma le sorprese possono arrivare anche da altre monete ritrovate nella classica soffitta o in una vecchia scatola, come le 5 lire dette "Timone", realizzate in lega leggera Italba con effigiato un delizioso pesciolino, un delfino per l'esattezza, che dal 1951 sostituirono le precedenti, più grandi, dal caratteristico grappolo d'uva. Ebbene anche questa piccola moneta, coniata in soli 400mila esemplari (l'anno precedente furono 159 milioni!) merita attenzione se riporta la data 1956 ed è un fior di conio, perchè vale sui 1500 euro. Alcuni esemplari usciti dalla zecca nel 1989 presentano il timone rovesciato, sono classificati NC (non comuni) e comunque non rari, per cui la stima non è significativa. Realizzata sempre in lega Italba e sempre a partire dal 1951, la moneta da dieci lire conosciuta come "le Spighe", con l'aratro sul rovescio, fu coniata in grande quantità per cui il valore numismatico è irrilevante, perfino nel fior di conio, ossia mai messa in circolazione. Fino al 1959 nelle tasche degli italiani trovavano posto anche le monete da 2 lire, con l'ape sul diritto e l'olivo sul rovescio, non particolarmente apprezzata dai numismatici, con una parziale eccezione per l'anno 1958 Fdc, stimato oltre 200 euro. Una citazione particolare merita sicuramente la piccola moneta da 1 lira detta "Cornucopia", simbolo di fortuna e prosperità, con sul lato opposto una bilancia, immagine di giustizia. Coniata in lega Italba fino al 1959 sembrava nata ad uso e consumo dei bambini, che con questa liretta potevano acquistare una caramella od un dolcetto. Solo nel 1955 ne furono coniate oltre 32 milioni; valore numismatico praticamente nullo, valore affettivo immenso. Sempre negli anni '50 cominciano a circolare le monete da 20 lire "ramo di quercia" con la novità del materiale, il bronzital. Di sicuro valore gli esemplari del 1970 con la lettera P al posto della R che simboleggia la zecca di Roma e quelli degli anni 1980 e 1982 con il ramo di quercia su entrambi le facce. Sospesi per un certo periodo, i piccoli "ventini" riappaiono nel 1968 con il contorno liscio: reperirne uno con la scritta Prova significa poterlo vendere ad un prezzo dai 500 ai 1000 euro. Ed eccoci alla Minerva, la moneta da 100 lire che ci ha accompagnato per circa 50 anni a cominciare dal 1950 con le varianti del Vaticano che riportavano sul lato diritto il profilo del pontefice in carica oppure erano celebrative di anniversari od eventi. Di un certo valore solo "le piotte" del 1972 che presentano un segno di diagonale dopo l'anno. Per avere una idea dei quantitativi di monete messi in circolazione dalla Zecca basti pensare alla bella moneta da 50 lire, denominata Vulcano, che nel 1955 fu coniata in 70 milioni di pezzi, ma che nel 1978 raggiunse il numero di 416 milioni di esemplari! Interessante la valutazione di quelle del 1954, primo anno di conio, purchè in buone condizioni. Le versioni micro delle 100 e delle 50 lire, introdotte nei primi anni '90, furono sospese nel breve periodo a causa della loro scarsa leggibilità; valore numismatico nullo. Dal 1993 si vedono circolare le 100 lire "Italia turrita" ed in quell'anno avviene la rottura del conio; alla nuova coniazione la moneta presenta una testa dell'Italia più grande rispetto alla precedente ed una leggenda (la parte da leggere) più lontana dal bordo. Una moneta del primo tipo vale circa 100 euro, del secondo tipo meno di un euro. E poi arrivarono le 200 lire in bronzo, dedicate al lavoro, con un gran numero di versioni commemorative (FAO, Carabinieri, Banca d'Italia etc.), tutte con valore numismatico assai modesto. Un salto di quotazione avviene per le monete coniate in lega Italma, anzichè in bronzo, dal 1979 al 1983. Basso il valore anche per le varianti "strane" come quella con la donna completamente calva nel lato diritto e quella caratterizzata dalla assenza della firma. Il 1982 è l'anno di primo conio delle 500 lire bimetalliche, chiamate "testa femminile" e decisamente apprezzabili dal punto di vista estetico, cui non fa riscontro una analoga quotazione. Il massimo della stima dei numismatici si raggiunge con la moneta del 1991 fior di conio, valutata appena 19 euro. Neppure la versione "fondo specchio" riesce a decollare e si ferma ai 30 euro, parlando sempre di fior di conio. Questa passeggiata nostalgica tra le simpatiche monete in lire dell'era repubblicana non ci deve far dimenticare che monete in lire hanno avuto corso anche nella fase monarchica successiva all'unificazione, ossia a decorrere dal 1861, anno in cui la lira piemontese diventa lira nazionale e più precisamente dal 1862, anno in cui la nuova divisa sostituisce tutte le monete circolanti negli Stati preunitari. Tra le monete emesse nel periodo monarchico, caratterizzate per lo più dalle effigi dello stemma sabaudo e dal profilo dei re in carica, Vittorio Emanuele II, Umberto I e Vittorio Emanuele III, meritano una segnalazione quelle che riproducono la quadriga, in circolazione negli anni 1908-1917, quelle con l'Italia seduta, su un lato ed il valore entro la corona sull'altro, che ha caratterizzato gli anni dal 1922 al 1928, mentre aquila e fascio dominano le monete coniate dal 1936 al 1943. Quest'ultimo, anno dell’occupazione alleata dell’Italia, gli Americani istituirono una nuova banconota: l’AM-lire, stampata nella Tipografia Renna a Palermo e solo con la Repubblica si tornò definitivamente alla lira. In questi 150 di storia e di lire italiane, quali soni i soggetti più presenti nelle monete italiane?

I personaggi, in particolare profili e busti reali, unitamente agli stemmi sabaudi, caratterizzano indubbiamente lo scenario postunitario (Vittorio Emanuele III era un amante della numismatica), per lasciare il posto, nel ventennio fascista a simboli tipici della romanità classica, dal fascio all'aquila. Dagli anni '50 in poi sono sempre più presenti soggetti che richiamano il mondo dell'agricoltura e della pesca, specchio dell'Italia dell'epoca, come l'aratro, l'olivo, il ramo di quercia, il timone, il pesce o la spiga. Non mancano tuttavia nei decenni seguenti simboli legati al valore della vita, dalla bilancia (la giustizia) alla cornucopia (prosperità) oppure a divinità classiche, quali Minerva (la sapienza) o Vulcano (l'operosità). Tipica degli anni più recenti è la raffigurazione di personaggi illustri (G. Marconi, M. Montessori, Dante Alighieri) e la celebrazione di organismi ed istituzioni benemerite (Accademia navale di Livorno, FAO, Aeronautica Militare, Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Consiglio di Stato, Banca d'Italia etc.) fino al parlamento europeo, celebrato in una moneta da 500 lire del 1999, quasi ad anticipare il passaggio epocale, di lì a due anni, alla moneta europea unica.

 

Monete che valgono oro

Il primato in termini di valore sembra essere appannaggio dei 40 franchi del Regno delle due Sicilie, una moneta coniata nel 1810, che oggi vale intorno ai 93.000 euro. Di poco inferiore, 77.500 euro, la valutazione delle 100 lire, moneta questa del Regno d’Italia, coniata nel 1880. Intorno ai 51.000 euro valgono i 20 centesimi del 1863 del Regno d’Italia. Queste le quotazioni record di monete rarissime e difficilmente reperibili, ma anche monete piu' alla nostra portata hanno raggiunto valori di tutto rispetto. Basti pensare alle famose 500 lire d’argento del 1957, una moneta bellissima, la cui valutazione, nel caso in cui le bandiere delle caravelle siano controvento, si aggira intorno ad un valore di 6500 euro, poco meno di 12 milioni delle vecchie lire. C’e una moneta poi, abbastanza recente ed abbastanza banale, che puo' riservarci qualche bella sorpresa: si tratta della “piotta” dei Romani, le 100 lire, che, se recano la data 1955 costituiscono un piccolo tesoro ossia un valore di circa 780 euro. Per chi ne vuole sapere di piu' consigliamo di consultare il catalogo “Gigante” dell’anno in corso. Per i collezionisti e per i numismatici l’avvento dell’euro ha rappresentato per l’Italia e per l’Europa un evento senza precedenti. Ebbene la Repubblica di san Marino ha voluto rendere un omaggio particolarmente prestigioso alla vecchia lira con due monete in argento, una da 5.000 lire ed una da 10.000 lire, che riportano su uno dei lati l’espressione “addio lira”.