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Home Arte cultura e tempo libero Il ritorno di Colombo. Di Paolo Molinaro

Il ritorno di Colombo. Di Paolo Molinaro

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Da oltre 50 anni il tenente di polizia americana, dall’impermeabile impresentabile come la sua vecchia automobile, rappresenta un baluardo contro i crimini più efferati

 

E’ entrato in servizio nel lontano 1968 e ciò nonostante non chiede ancora di andare in pensione; è sopravvissuto alla scomparsa dell’unico attore che ha dato vita al suo personaggio ma le sue vicende tengono ancora incollato alla TV un folto pubblico, attento ed entusiasta, che imperterrito ancora le segue sia su alcune reti nazionali che in streaming, sulle principali piattaforme: è il Tenente Colombo, in servizio permanente effettivo presso la squadra omicidi della Polizia di Los Angeles. L’attore americano Peter Falk è stato l’unico interprete della fortunata serie televisiva – di cui è stato anche sceneggiatore, produttore e talvolta anche regista – e, nell’immaginario collettivo, sostanzialmente si identifica con il personaggio Colombo. Possiamo anzi dire che il successo del nostro tenente è dato principalmente dall’uguaglianza Colombo/Falk, dalla cristallizzazione cioè delle caratteristiche, anche fisiche, del personaggio, dei suoi tic, del suo modus operandi. Colombo, infatti, indossa anche in pieno agosto un impermeabile ormai frusto (probabilmente anche poco pulito) dal colore indefinibile; guida una sgangheratissima Peugeot, ormai fuori produzione dal dopoguerra; possiede un cane a cui non ha ancora attribuito un nome e che, nell’indecisione, intanto ha chiamato Dog; ha un’invisibile moglie, di cui parla molto spesso e a cui sembra essere molto legato, che talvolta gli dà consigli preziosi per la conduzione delle indagini; fuma un puzzolentissimo sigaro, di marca scadente, i cui effluvi suscitano spesso le legittime rimostranze di coloro con cui viene in contatto; ostenta un’eterna aria svagata e quasi tonta (per intenderci da carabiniere delle irriverenti barzellette nostrane) grazie alla quale, rassicurando i colpevoli sulla sua innocuità e quindi sulla possibilità di farla franca, li conduce per mano verso l’immancabile trabocchetto.

Colombo non urla, anzi nemmeno alza la voce, non spara anzi probabilmente nemmeno possiede una pistola, non è mai impegnato in prestazioni fisiche di tipo rambistico anzi è goffo ed impacciato nell’incedere, non sottopone mai l’indagato ad un estenuante “terzo grado”: la sua è attività investigativa allo stato puro che si conclude però immancabilmente con l’arresto del colpevole. Come il personaggio è sempre uguale a se stesso così i singoli episodi presentano una struttura narrativa pressoché identica. Ogni nuova puntata, infatti, ribaltando gli schemi tradizionali del film giallo, si apre con un antefatto durante il quale lo spettatore, assistendo all’esecuzione dell’omicidio, conosce subito non solo chi è l’assassino ma anche il suo movente e le modalità con cui ha fatto fuori la vittima. Il colpevole, peraltro, non è mai un delinquente abituale, né appartiene al crimine organizzato; anzi di solito è un professionista apprezzato, un divo, un politico o comunque è un personaggio del bel mondo, della Los Angeles che conta. Quasi mai è un essere spregevole, per lo più uccide per motivi che spesso noi stessi ci sentiremmo di condividere, e adopera spesso sistemi raffinatissimi, che quasi ci dispiace di vedere poi svelati.

Terminato l’antefatto, entra subito in azione il tenente Colombo che ci dà la sensazione di sapere, sin da subito, chi sia il colpevole, anzi sembra quasi che lo abbia sempre saputo, forse ancora prima della commissione stessa del delitto! Pertanto, senza mai imboccare una pista sbagliata, il nostro investigatore comincia a tampinare il malcapitato assassino, lo esaspera seguendolo ovunque, presentandosi a casa sua o sul posto di lavoro nelle ore e nei momenti meno opportuni…e proprio quando sembra che il “cattivo” si sia sbarazzato di lui, il nostro rientra in scena per riferire la circostanza più importante, quella che, con ogni probabilità, era stata il motivo principale della visita. Con la sua proverbiale flemma, prendendo appunti su di un microscopico taccuino, Colombo distrugge alibi, smantella i meccanismi anche del più perfetto dei crimini, evidenzia particolari che certamente sono sfuggiti anche allo spettatore più attento, tesse intorno al colpevole una fitta rete che lo invischia completamente e quando, alla fine della puntata, l’assassino è costretto a confessare, è quasi contento di farlo, di liberarsi, allo stesso tempo, del peso che grava sulla sua coscienza e dell’invadenza del nostro eroe!

Quando però il responsabile è assicurato alla giustizia, quando ogni circostanza, ogni modalità dell’assassinio è stata chiarita, un dubbio resta ancora nella mente dello spettatore: ma dopo tanti successi, come mai non l’hanno mai promosso capitano?

 

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