Pagina 30 rubrica a cura di Eva Bellacicco. “Pel di Carota” di Jules Renard, un classico per i ragazzi

Martedì 06 Novembre 2012 19:17
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Tra i classici della letteratura per ragazzi, si trova spesso citato “Pel di Carota” di Jules Renard  (1864-1910), giornalista francese, collaboratore della storica rivista letteraria “Mercure de France”, apprezzato scrittore teatrale e autore di romanzi caratterizzati  da un atteggiamento sarcastico e pessimistico nei confronti della vita e delle sue opportunità.

Pubblicato nel 1894, “Poil de carotte” è il romanzo al quale almeno tre generazioni sono rimaste affezionate quale modello di riferimento in occasioni di piccole incomprensioni familiari.

L’appartenenza al genere definito “letteratura per ragazzi” gli sta, però, veramente molto stretta poiché il libro è in realtà un’acuta analisi dei rapporti tra genitori e figli, con un taglio narrativo che si pone all’avanguardia e in contraddizione rispetto ai modelli tradizionali  del XIX secolo.

Innanzitutto il soprannominato “Pel di Carota” non è un ragazzo povero, non è orfano (ahimè!) e non è malato; egli è affetto da solitudine e indifferenza, perché i genitori, immotivatamente a lui ostili, sono molto occupati o estremamente superficiali e quindi non attenti alla voce di un ragazzo fulvo e con troppe lentiggini che a volte tortura animali indifesi, proprio come lui.

La narrazione dissociata e frammentaria delle disavventure del giovane, che si dipanano in 49 capitoli privi di un ordine cronologico, ben si adatta alla sua esistenza che procede attraverso improvvise e inattese vessazioni, dettate dalla presunzione del mondo degli adulti, e l’attesa di un cenno d’approvazione che proprio non riesce ad arrivare .

Il sarcasmo e l’ironia (che appartengono anche al protagonista) e il linguaggio diretto e lucidamente pungente con il quale questi disgraziati episodi vengono raccontati dall’autore, rendono il libro una fonte di riflessione e di umorismo amaro e ne fanno un capolavoro della letteratura francese di cui è ancora consigliabile la lettura.

LE GALLINE

 “--Scommetto, -- dice la signora Lepic, -- che Onorina s'è ancora dimenticata di chiudere le galline.

Proprio così. Basta guardar dalla finestra. Laggiù in fondo in fondo al cortile, il pollaio ritaglia nel buio la sagoma nera della porta spalancata.

--Felice, vorresti andare  tu a chiuderle? -- dice la signora Lepic al maggiore dei suoi tre figlioli.

--Mica sono  qui per badare alle galline,--risponde Felice, ragazzo pallido, insolente e poltrone.

-- E tu Ernestina?

--Oh, mamma! Io avrei troppa paura.

Felice e Ernestina alzano appena la testa per rispondere. Stanno leggendo, interessatissimi, con i gomiti sul tavolo, le teste che quasi si toccano,

---Santo cielo, come son sciocca!--fa la signora Lepic.--Non ci pensavo più. Pel di Carota, vai a chiuder le galline!

Dà questo tenero vezzeggiativo al suo ragazzo più piccolo, perché ha i capelli rossi e la pelle lentigginosa. Pel di Carota, che si gingilla  sotto il tavolo, s'aIza e dice timidamente:

--Mamma, anch'io ho paura.

--Come,--risponde la signora Lepic,--un giovanotto come te! Scherzi. Spicciati, per favore!

--Lo conosciamo, è ardito come un caprone,--dice la sorella Ernestina.

--Non ha paura di nulla e di nessuno,--dice il fratello maggiore.

I complimenti inorgogliscono Pel di Carota; vergognoso d'esserne indegno, già lotta contro la sua vigliaccheria. Per un definitivo incoraggiamento, sua madre lo minaccia con  uno schiaffo.

--Per lo meno fatemi lume,--dice.

La signora Lepic scrolla le spalle. Felice sorride, sprezzante. Sola pietosa, Ernestina piglia una candela e accompagna il fratellino fino in fondo al corridoio.

--T'aspetto qui,--gli dice.

Ma scappa subito, atterrita, perché una folata di vento fa vacillare la fiamma e la spegne.

Pel di Carota, il culino stretto, i calcagni piantati in terra, comincia a tremare nelle tenebre. Son cosl fitte che gli par d'essere cieco. A volte una ventata lo avvolge come un gelido sudario, per portarlo via. Non son forse volpi, e persino lupi, che gli soffian sulle dita, sulla guancia? Il meglio è buttarsi cosl a casaccio verso il pollaio, a capofitto, per bucare le tenebre. A tastoni afferra il gancio della porta, le galline spaventate dal rumore si agitano chiocciando sulla stanga. Pel di Carota grida:

--Zitte, sono io! chiude la porta e scappa come avesse le ali alle gambe, alle braccia. Quando torna in casa, ansante, orgoglioso, nel caldo e nella luce, è come se mutasse cenci pesanti di fango e pioggia con un vestito nuovo e leggero. Sorride, si rizza orgoglioso, aspetta un elogio; ormai fuor di pericolo, cerca sulle facce dei suoi cari la traccia dell'inquietudine che han provato.

Ma Felice e Ernestina continuano tranquillamente a leggere, e la signora Lepic gli dice con la voce di sempre:

--Pel di Carota, andrai tu a chiudere tutte le sere il pollaio.”