L'11 dicembre 2019 ci ha lasciato improvvisamente l'amico e collega Francesco Ioculano, un viceprefetto aggiunto di grande valore, umano e professionale

Venerdì 27 Dicembre 2019 19:01
Stampa

 

In tutti coloro che lo hanno conosciuto ed apprezzato, l'incredulità ha lasciato il posto allo sgomento, alla profonda tristezza per un destino atroce che ci lascia senza parole, con un senso di impotenza e di solitudine difficili da sopportare

 

 

La scomparsa improvvisa di un amico e collega come Francesco (Ioculano) lascia impietriti e senza parole. I suoi 44 anni pieni di energia, di progetti, di talento, di allegria, di cortesia, di onestà, di disponibilità e di tante altre cose belle che componevano la sua persona, non possono essere dimenticati. La sua figura, la sua intelligenza, la sua passione, i suoi interessi, sono davanti ai nostri occhi, parte di una realtà positiva, affidabile e piacevole. In tempi recenti Francesco mi aveva contattato per darmi consigli, peraltro preziosi, per combattere una colica renale che mi stava creando problemi sempre crescenti. Ancor più di recente gli avevo pubblicato sul sito del Comirap, il Comitato Rappresentativo del Personale del Ministero dell'Interno, un articolo, interessante, come tutti i suoi scritti, su Gerhard Rohlfs, l’archeologo del dialetto calabrese, alla cui opera si era avvicinato come studioso, come calabrese e come appassionato del dialetto della sua terra.

Se ne è andato improvvisamente un uomo di Stato, giovane ma in grado di rappresentare al meglio il ruolo fondamentale di chi è al servizio delle Istituzioni, della cittadinanza e della intera collettività, che ha bisogno di figure professionali preparate, coscienti, devote al proprio incarico, esattamente come Francesco, che brillava anche per le competenze tecnologiche di nuova generazione.

Un duro colpo per i suoi familiari, per i suoi amici, per quanti lo hanno conosciuto. Una grave perdita per l'Amministrazione dell'Interno che perde un vice prefetto di assoluto valore. E' difficile farsi una ragione di un destino così duro ed implacabile, che fa vacillare ogni spiegazione, ogni ragione, mettendo a dura prova anche il conforto della fede.

Solo sant'Agostino riesce a darci un filo di speranza con il suo scritto titolato La morte non è niente: "Sono solamente passato dall'altra parte; è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che  ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace". (Alberto Bordi)