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Home Arte cultura e tempo libero Un tempio dello sport e del calcio italiano: lo stadio Olimpico, un tempo stadio dei centomila ed ancor prima lo stadio dei cipressi di A.A. Bordi

Un tempio dello sport e del calcio italiano: lo stadio Olimpico, un tempo stadio dei centomila ed ancor prima lo stadio dei cipressi di A.A. Bordi

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La massima affluenza all'Olimpico per un evento sportivo risale al 12 maggio 1974 in occasione della 29ª giornata del campionato di serie A 1973-74 tra Lazio e Foggia; quel giorno furono ufficialmente registrati 78.886 spettatori paganti

 

 

L'originario  Foro Mussolini, come lo ha sempre chiamato mio padre, nacque in Piazza d'Armi nel nuovo quartiere Della Vittoria, nella piana ai piedi di Monte Mario grazie ad una variante al piano regolatore Sanjust voluta dal duce nel 1926.

I lavori, commissionati dall'Opera nazionale Balilla (ONB), iniziarono nel 1928 sotto la direzione dell'architetto Enrico Del Debbio e, tra gli impianti ultimati in vista del decennale del regime, il 28 ottobre 1932, figurava lo stadio dei Cipressi, progettato per 100.000 spettatori e realizzato interamente tramite terrazzamenti sul lato di Monte Mario e riporti di terreno sugli altri lati.

Per realizzare l'impianto, che sorgeva su una zona paludosa soggetta al ristagno delle acque che grondavano dalle pendici di Monte Mario, fu sopraelevato di 4 m il piano di calpestìo tramite il riporto di circa 2 milioni di metri cubi di terra di scavo. L'inaugurazione ufficiale avvenne il 4 novembre successivo, quattordicesimo anniversario della vittoria nella Grande Guerra, con un saggio ginnico giovanile a opera delle sezioni sportive di Balilla, Avanguardisti e Giovani Italiani.

Destinato alle adunate tipiche dei regimi totalitari, dal 1933 fu sottoposto ad  una  rielaborazione strutturale con tribune in muratura anche sul lato del Tevere e previsione di un campo di calcio e campi accessori per la pallacanestro e atletica pesante.

Nel 1938 vi si svolse un'esibizione militare in occasione della visita a Roma di Adolf Hitler e più tardi, in quello che il Littoriale chiamò «Stadio Olimpiaco», ivi si tennero i saggi conclusivi del decimo Campo DUX, manifestazioni ginnico-militari organizzate dalla GIL. In piena guerra, nel settembre 1941, ospitò, in contemporanea con Berlino e Tokyo, celebrazioni paramilitari del primo anniversario della stipula del patto tripartito, anche noto come Asse, ovvero l'alleanza politica e militare tra Germania, Giappone e Italia.

Con l'ingresso delle truppe angloamericane nella Capitale nel 1944, lo stadio fu utilizzato dai militari come base logistica e sede di competizioni sportive interalleate. Dopo la guerra lo stadio fu affidato al CONI che, per voce del suo allora presidente Giulio Onesti, ne annunciò il completamento in varie fasi, la prima delle quali nel 1950.

Lo stadio attuale è frutto di una ricostruzione quasi totale a seguito della demolizione del 1989 che non lasciò praticamente nulla in piedi dell'impianto costruito nel 1953: l'unica struttura sopravvissuta alla demolizione è una parte della facciata esterna della tribuna Tevere. Le due curve furono avvicinate di 9 m al campo di gioco, la tribuna Monte Mario fu ampliata e inglobò il centro stampa costruito in occasione dei mondiali d'atletica del 1987 e che nel progetto originario doveva essere conservata.

Il sostegno della copertura si compone di un anello esterno costituito da una trave reticolare a profilo triangolare che corre lungo tutto il perimetro superiore dello stadio a un'altezza di 29 m dal piano stradale e poggia su 16 piloni, dei quali 12 d'acciaio e 4, quelli che contengono le scale montanti, in cemento armato; un anello interno composto da 12 funi d'acciaio del diametro di 87 mm; una tensostruttura radiale composta da 78 coppie di funi d'acciaio, delle quali le superiori fungono da portante e le inferiori da stabilizzanti per uno sbalzo complessivo di 45 m. A tali funi sono sospese delle opere metalliche che fungono da supporto della copertura vera e propria, realizzata in teflon (politetrafluoroetilene) e fibra di vetro. L'expertise per la copertura, che da sola costò circa 160 miliardi di lire, fu fornito dallo studio d'ingegneria Majowecki di Bologna.

Fatti salvi i perimetri esterni del fabbricato, rimasti invariati, all'interno l'Olimpico, interamente a gradinata unica, è suddiviso in tre classi di settori, ovvero le Tribune (Tevere e Monte Mario), le Curve (Nord e Sud) e i Distinti (situati tra curve e tribune, rispettivamente Nord lato Tevere, Nord lato Monte Mario, Sud lato Tevere e Sud lato Monte Mario). Agli spalti si accede attraverso 33 entrate (due per ogni settore distinti, quattro per ogni curva, sette per la Tribuna Tevere e dieci per la Tribuna Monte Mario); inoltre, i citati quattro pilastri di cemento armato permettono di accedere al livello più alto degli spalti, più precisamente ai Distinti Nord e Sud lato Tevere quelli sul lato orientale dello stadio, e Monte Mario quelli sul lato opposto.

A seguito dei lavori di ristrutturazione del 2008, la capacità omologata dell'Olimpico si è ridotta a 70634 posti, la seconda maggiore d'Italia dopo quella del "Meazza" di Milano.

La massima affluenza all'Olimpico per un evento sportivo risale al 12 maggio 1974 in occasione della 29ª giornata del campionato di serie A 1973-74 tra Lazio e Foggia; quel giorno furono ufficialmente registrati 78886 spettatori paganti. Esso fu l'incontro che, a seguito della vittoria della squadra di casa per 1-0, le assicurò la conquista del suo primo scudetto con una gara d'anticipo rispetto al termine del campionato. Gli abbonati della Lazio per quella stagione erano 18392, cui si aggiunsero 60494 paganti per il totale citato record di 78886.

Se mi chiedessero  lo sportivo che ha fatto più gol allo stadio Olimpico non esiterei a rispondere Alberto Bordi.  Infatti, durante il mese di agosto degli anni settanta, quando,  quattordicenne di piazzale Clodio che non si poteva permettere una vacanza, ero uno dei ragazzini che riusciva ad entrare furtivamente sul prato dell’Olimpico ed a fare una partitella ad una sola porta insieme ad altri “invasori” dei quartieri limitrofi. Spesso le partite improvvisate erano accompagnate da una gara di rigori ad oltranza in cui era rara la parata di un portiere. In quegli anni, nell’Olimpico vuoto e silenzioso, con l’erba un po’ trascurata ed esposta alle forti calure estive, spesso i custodi ci lasciavano giocare, altre volte intervenivano, magari dopo un paio d’ore di tolleranza e ci cacciavano via in malo modo… inseguendoci senza successo visto che eravamo delle lepri con l’argento vivo addosso. Insomma, frammenti e ricordi di un mondo che non esiste più; ma quanti gol, io cannoniere da tornei da oratorio, ho fatto io, in quella porta dove di norma  finivano i palloni calciati da bomber di razza e  da calciatori di fama nazionale e  internazionale, di fronte a spalti gremiti e vocianti…

 

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