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Home Arte cultura e tempo libero CE L’HO, CE L’HO, MI MANCA! Di Paolo Molinaro

CE L’HO, CE L’HO, MI MANCA! Di Paolo Molinaro

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Viaggio estemporaneo nel mondo delle figurine Panini di Modena, alla ricerca della rarissima sagoma del portiere dell’Atalanta, Pierluigi Pizzaballa, figura divenuta indelebile nella memoria dei  bambini di qualche decennio addietro

 

 

Ce l’ho, ce l’ho, mi manca!!! Sfido l’intero popolo dei miei coetanei, quelli nati a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, a negare di aver mai pronunciato questa frase!

Fuori dalla scuola o nei pomeriggi  trascorsi nei  cortili condominiali o nei campetti sotto casa, queste grida echeggiavano e simboleggiavano l’eterno gioco dello “scambio di figurine”: io possedevo un mazzetto di doppie e le mostravo agli amichetti e loro facevano altrettanto, con la speranza di poter ottenere, a buon prezzo, quella mancante o di poter finalmente rifilare quel pezzo che disgraziatamente era venuto fuori dalla bustina, magari per l’ottava volta consecutiva! Eh sì perché, diciamocelo francamente, nonostante gli editori lo negassero strenuamente, avevamo la netta impressione che non tutte le figurine avessero avuto la stessa “tiratura” e che ce ne fossero alcune decisamente introvabili! Da cosa dipenderebbe, altrimenti, la fama del portiere dell’Atalanta Pierluigi Pizzaballa? Sicuramente non dal fatto di essere un  lontano parente del noto prelato ma dalla circostanza che la sua effige non compariva mai all’interno dell’ennesima bustina che avevamo acquistato con i soldi della paghetta settimanale! E come dimenticare i giochi di abilità e di azzardo (diversi tra loro sotto le diverse latitudini) con le quali cercavamo di sottrarre agli amici qualche pacchetto di doppie! E che felicità quando finalmente trovavamo l’ultima figurina che ci avrebbe consentito di completare l’album. Ma vi ricordate l’odore della colla “Coccoina” (oggi molto difficile da trovare se non in qualche cartoleria specializzata) con la quale   appiccicavamo le figurine sui fogli dell’album, orgogliosi di aver completato l’ennesima pagina? Vi ricordate quando, fuori dalla scuola, si appostavano ignoti “adescatori” che ti regalavano l’album e tre o quattro bustine per invogliarti a partire con una nuova collezione? E’ una tecnica psicologica che anni dopo avrebbero replicato altri ben più loschi soggetti, in possesso di materiale molto più pericoloso!

E quando, nonostante tutti i nostri sforzi e gli ingenti capitali investiti non riuscivamo a completare l’album? Non ci restava che mandare una letterina alla Panini, allegando un pagamento in francobolli, per ottenere dopo una ventina di giorni le tanto agognate tessere mancanti di questo irresistibile puzzle dei nostri giorni di ragazzo. Ricordo ancora che l’indirizzo di Emilio Po 40 a Modena era il luogo immaginario dove ignoti operai creavano il nostro oggetto del desiderio: eppure vi assicuro che immaginario non è, esiste realmente e io, napoletano verace, ci sono stato!  Erano i primi mesi dopo il mio trasferimento nel capoluogo modenese e io affiancavo mia figlia alla guida della sua prima auto, per farla esercitare in vista del suo esame pratico. Ed ecco che, alla ricerca di strade poco trafficate, mi imbatto casualmente, con mia grande emozione, in via Emilio Po, proprio all’ingresso del mitico stabilimento!  E pensare che tutto nacque grazie all’intuito dei quattro fratelli Panini che, con un passato da edicolanti, agli inizi degli anni 60, in un piccolo laboratorio di via Castelmaraldo, creano la prima figurina. Nel 1965 viene inaugurato il grande stabilimento di via Emilio Po che ospita un macchinario, unico nel suo genere, per l’imbustamento delle figurine che, nel corso dei primi anni, rappresentavano   esclusivamente   i   calciatori   della   massima   serie   italiana.   Chi   non   ricorda l’immagine del celebre calciatore Parola, intento ad eseguire una mitica “rovesciata” quel gesto atletico che rimarrà l’emblema stesso dell’azienda. Nel corso degli anni, la produzione aumenta e si differenzia: perciò accanto a quelle di calciatori o ciclisti, nascono collezioni dedicate alla scienza, agli animali, alla geografia del mondo ma anche a note serie televisive o a eroi della musica rock.

Nel tempo, l’azienda è passata attraverso molte mani, anche straniere, senza perdere però la sua identità e la sua unicità: uno stabilimento all’avanguardia, dove la presenza delle donne (anche negli alti ranghi dirigenziali) è prevalente e che produce e distribuisce le mitiche bustine in ogni parte del mando. Nel 2006, nel palazzo Santa Margherita, sul centralissimo Corso Canalgrande, viene inaugurato il Museo della Figurina, probabilmente un unicum, che attira visitatori e collezionisti da ogni parte del mondo. Si viene accolti in una immensa sala da una grande foto sottovetro dei quattro fratelli Panini (l’ultimo dei quali è scomparso nel 2013) e si possono esaminare sei grandi armadi scorrevoli, che contengono  2.500 pezzi, solo una piccola parte della grande collezione costituita da oltre 500 mila esemplari, che vengano ciclicamente esposti per creare mostre temporanee che realizzano ogni volta viaggi inaspettati tra memoria e fantasia.

Il Museo della Figurina, grazie all’immenso patrimonio di Giuseppe Panini che collezionava oggetti anche bizzarri di ogni tipo, non si limita ad esporre le miche collezioni dei calciatori di ogni tempo ma anche ad esempio i “Notgeld” austriaci (banconote di emergenza, ben note ai numismatici), le “cigarettes card” usate per rinforzare i pacchetti di sigarette, i calendarietti profumati che, tanti anni fa, i barbieri, con espressione ammiccante, regalavano ai loro clienti più affezionati, nonché piccole stampe, bolli chiudilettera, scatolette decorate di fiammiferi, materiale pubblicitario di ogni tipo e tanto altro ancora. Non manca la produzione francese di metà ottocento dei magazzini “Le Bon Marchè” che regalavano figurine ai bambini che accompagnavano le mamme nella spesa o i cartoncini colorati creati dalla Liebig che si ritrovavano accanto al contenitore del celebre estratto di carne. Chi non ha mai sentito raccontare, dalla voce dei suoi genitori, il celebre concorso a premi dall’azienda Buitoni – Perugina “I Quattro Moschettieri” che fece impazzire l’Italia a metà degli anni trenta nella pressoché impossibile impresa di trovare la figurina del “Feroce Saladino”?

Si tratta di materiale che ha anticipato anche di un secolo la geniale idea imprenditoriale dei fratelli modenesi che hanno realizzato una creatura capace di cambiare in modo camaleontico per adattarsi alle nuove realtà della nostra società multimediale, con raccolte di figurine online per far felici quei gruppi di appassionati che, pur vivendo in ogni parte del mondo, si incontrano sui social per confrontarsi e condividere la loro passione.

 

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