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Il fritto perfetto

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Tutta la rubrica TECNICHE DI CUCINA

NEW La frittura è sicuramente uno dei metodi di coura preferiti, ma per essere invitante deve risultare asciutta, leggera, croccante e dorata al punto giusto. Il primo passo da fare, per un fritto perfetto è scegliere il grasso giusto.

 

 

 

La scelta dell’olio è molto importante perché può avere conseguenze anche serie sulla nostra salute. Cerchiamo quindi di capire, qual è l’olio o il grasso migliore per friggere.

Basta seguire degli accorgimenti per avere fritture più buone, ma soprattutto più sane.

Prima di descrivere i procedimenti per ottenere un buon fritto, voglio spendere due parole sul punto di fumo.

Che cosa è il punto di fumo? È la temperatura alla quale un grasso si decompone formando sostanze tossiche come l’acroleina. Ma come si capisce che l’olio o un altro grasso ha raggiunto il punto di fumo? Quando comincia a fumare. In questo caso non lo usate, ma buttatelo e rimettetene del nuovo.

L’acroleina è chimicamente definita un’aldeide, una delle sostanze più nocive che possiamo trovare negli alimenti. Si presenta come liquido incolore, instabile e infiammabile. È volatile ed ha un odore acre molto caratteristico. La principale fonte di produzione di acroleina è, appunto, la frittura. Friggere non è così facile come sembra. È necessario tenere sotto controllo diverse situazioni per evitare di commettere errori: la temperatura dell’olio, la quantità di alimento da friggere di volta in volta, il tipo di grasso da usare. Se non si presta la giusta attenzione a questi fattori si rischia di produrre un fritto troppo oleoso e pesante, poco croccante e molle o eccessivamente cotto e duro.

Come abbiamo accennato, la caratteristica che rende un grasso maggiormente idoneo ad essere usato in frittura è il suo punto di fumo, superato il quale, l’olio inizia a produrre del fumo grigio e denso, a imbrunire e a schiumare, ed è questo il momento in cui si forma l’acroleina, sostanza tossica per l’uomo, tant’è che già a basse concentrazioni provoca fenomeni infiammatori alla congiuntiva degli occhi e alle mucose delle vie aeree. Inoltre sono stati descritti squilibri degli enzimi epatici, riconducibili a una sofferenza del fegato ed effetti irritanti a livello della mucosa gastrica. Sembra che la somministrazione di oli mantenuti al punto di fumo per due ore provoca un danno epatico facilmente riscontrabile. Infine pare che tale sostanza sia persino cancerogena.

Gli alimenti che ne contengono maggiori quantità sono principalmente quelli fritti, come avevamo già accennato. Infatti questa sostanza si accumula proprio negli oli che vengono utilizzati più volte e che sono esposti a temperature superiori al loro punto di fumo.

Da ciò si può ben comprendere che i cibi fritti confezionati come le patatine in busta, e quelli serviti in rosticcerie, fast food e ristoranti sono gli alimenti maggiormente a rischio.

Ma anche le fritture casalinghe possono essere fonte di tale sostanza. Questo accade quando si utilizzano oli insaturi, poco resistenti al calore e all’ossidazione come quelli di mais e girasole, di soia, di riso, di lino. Più è alto il punto di fumo, minore sarà la possibilità di formare acroleina.

Può sembrare strano, ma i lipidi che sono più stabili alla cottura sono i grassi particolarmente saturi, come lo strutto. Stabili, ma certamente non ideali dal punto di vista nutrizionale.

L’olio extravergine di oliva, invece, sotto certi aspetti è il grasso ottimale per la frittura. Infatti, la presenza di acidi grassi per lo più monoinsaturi e di polifenoli rendono l’olio più stabile. Normalmente la temperatura ideale dell’olio dovrebbe essere tra i 160° e i 170°, quindi il punto di fumo è un buon riferimento per capire se un olio è adatto alla frittura.

Ecco un elenco che riferisce il punto di fumo di diversi oli vegetali:

  • olio extravergine d’oliva          circa 210°

contiene un’elevata quantità di acidi grassi monoinsaturi che resistono meglio alle alte temperature, è il grasso perfetto per una sana frittura.

  • olio d’oliva                circa 190°

qualitativamente inferiore all’olio e.v.o., ha comunque un punto di fumo elevato e ha un costo più contenuto.

  • olio di arachidi           circa 180°

è l’olio di semi da preferire in quanto sprigiona il minor quantitativo di acroleina, presenta un buon punto di fumo ed ha un sapore neutro.

  • olio di mais                circa 160°

ha un punto di fumo basso e se ne sconsiglia l’impiego.

  • olio di soia                circa 160°

ha un punto di fumo basso e se ne sconsiglia l’impiego.

  • olio di girasole          circa 130°

ha un punto di fumo basso e se ne sconsiglia l’impiego.

 

L’olio di palma raffinato e l’olio di cocco sono oli molto stabili, largamente utilizzati per fritture su scala industriale e nei ristoranti. Hanno un elevato punto di fumo, ma sono sconsigliati dai nutrizionisti perché, sembra, siano dannosi alla salute.

 

La margarina è assolutamente da evitare visto l’elevato contenuto di grassi insaturi, oltre al basso punto di fumo. La margarina è un grasso che non esiste in natura ma deriva da un mix di oli vegetali - talvolta con aggiunta di grassi animali - lavorati tramite processi chimici industriali.

 

Il burro ha un basso punto di fumo e ad alte temperature cambia colore, diventando prima nocciola e poi bruno. Per utilizzarlo nella frittura è necessaria la chiarificazione, che libererà il burro dell’acqua e della caseina in esso contenuti.

 

Il burro chiarificato non è altro che burro privato della sua parte grassa. Per chiarificarlo basta farlo fondere lentamente a bagnomaria, senza farlo sobbollire per una quarantina di minuti, finché la caseina non sarà depositata sul fondo. Basta poi farlo raffreddare, separare e filtrare, quindi può essere utilizzato.

 

Lo strutto ha un punto di fumo molto alto grazie all’elevata presenza di acidi grassi saturi. Tuttavia, per la sua scarsa digeribilità se ne raccomanda un uso molto moderato.

 

Ora passiamo alla pratica!

 

Prima di iniziare a friggere dovete organizzarvi come in una catena di montaggio:

  • sistemate uno dopo l’altro i piatti i piatti con le pastelle (non salate), la verdura già tagliata o qualunque altro alimento sia dolce che salato pronto per essere immerso nell’olio.
  • Asciugate bene i cibi prima di friggerli, per evitare che comincino a scoppiettare.
  • Tenete sotto controllo la temperatura dell’olio con un termometro senza arrivare al punto di fumo. Se proprio non volete acquistarlo, per sapere quando è arrivato il momento di friggere, buttate nell’olio una goccia di pastella, se sfrigola, è pronto.
  • Preparate vicino ai fuochi un vassoio con carta assorbente da cucina per scolare bene il fritto.
  • Salate solo all’ultimo prima di servire il fritto caldissimo, per non trovarsi un fritto “ammosciato” e non copritelo per lo stesso motivo.

 

Alcune accortezze vi consentiranno di determinare e regolare la temperatura dell’olio in base alla dimensione e al tipo di alimento da friggere.

150°-160° C è la temperatura ideale per cotture lente e colorazioni progressive, per alimenti ricchi di acqua (ad esempio la prima cottura di patate o di carciofi alla giudia, pesci grandi, dolci lievitati).

160°-170° C per alimenti pastellati o impanati (costolette o verdure).

180° C è l’ideale per ottenere una colorazione immediata (seconda cottura di patate o carciofi alla giudia, alimenti di piccole dimensioni).

Una temperatura troppo bassa è sconsigliata, perché l’alimento assorbirebbe un’eccessiva quantità di olio a scapito delle proprietà organolettiche e della nostra salute. È vero pure che con una temperatura troppo alta l’alimento si dorerebbe troppo in fretta restando crudo all’interno, oltre ad essere dannosa (come abbiamo già detto) per il superamento del punto di fumo.

Fondamentale, poi, oltre alla temperatura e alla durata della cottura, è la quantità di olio da utilizzare per la frittura. Si deve friggere in “olio profondo”, come si dice in gergo e mettere pochi alimenti per volta e della stessa dimensione. Questo perché quando si usa poco olio e si cuociono molti cibi tutti assieme, la temperatura scende anche fino a 150° C e gli alimenti tendono ad assorbire molto più olio e saranno più molli. Friggendo, invece, in olio profondo e un po’ per volta, i cibi formeranno subito una bella crosticina che non farà penetrare l’olio all’interno.

Ed in ultimo, anche a casa è preferibile evitare il riutilizzo dell’olio.

 

Le pastelle.

Se navigate in Internet vedrete che esistono tantissime ricette per la preparazione della pastella, a seconda del prodotto da friggere, la sua riuscita invece consiste nella capacità di non far penetrare l’olio bollente all’interno, isolando il fritto e rendendolo asciutto e non unto.

Gli ingredienti delle pastelle cambiano, come può cambiare la consistenza, che può essere più o meno fluida. L’unica costante è la presenza di una parte solida, data solitamente dalla farina 00, o comunque una farina debole, che sviluppi poco glutine, talvolta sostituita con fecola di patate o altro amido. La parte liquida, invece, può variare. Si può utilizzare l’acqua, l’acqua fredda di frigo, l’acqua frizzante fredda di frigo, la birra (solitamente fredda di frigo), il latte, uova e latte (o, in alternativa, uova e acqua).

Ovviamente si otterranno pastelle leggermente diverse una dall’altra.

Ad esempio, l’anidride carbonica contenuta in birra e acqua frizzante farà gonfiare di più la pastella e renderà la frittura più croccante.

L’aggiunta di acqua o birra fredde di frigo farà sì che ci sia uno choc termico a contatto con l’olio caldo, che avrà come effetto una frittura delicata e leggera.

La pastella preparata con la birra avrà un sapore meno neutro, ma più corposo e tendenzialmente amarognolo anche in base alla birra scelta.

L’aggiunta di uova conferirà alla pastella un colorito gradevole e un sapore più ricco.

La presenza di lievito di birra nel composto prevede anche un intervallo di tempo necessario per la lievitazione.

 

Tipi di pastelle.

Pastella semplice. Preparata semplicemente con acqua e farina in proporzione variabile; l’acqua deve preferibilmente essere molto fredda, talvolta anche frizzante. Adatta a pesce, carne e verdure come melanzane, funghi e peperoni. Se di consistenza leggera si può usare anche con verdura più delicata come zucchine e fiori di zucca e frutta.

Pastella alla birra. Si sostituisce l’acqua con la birra, conferendo un sapore più particolare e come, l’acqua frizzante, una maggiore leggerezza. Perfetta con carne, pesce e verdure; ottima per friggere gli anelli di cipolla.

Pastella al vino. Dal sapore più delicato e leggero, indicata anche per preparazioni dolci.

Pastella con lievito. Ogni 200 g di farina si usano 5-10 g di lievito di birra fresco (a seconda della quantità varieranno i tempi di lievitazione) e 2-3 bicchieri di acqua o, talvolta, di latte; a piacere, si possono aggiungere 1-2 cucchiai di olio e 1-2 albumi montati a neve. Si può usare per verdura delicata e frutta.

Pastella con uovo. Ogni 200 g di farina prevede l’aggiunta di 2 uova e 200 ml di latte o acqua. Va bene con carne, pesce e verdure.

Pastella con olio. Per ogni 200-250 g di farina si usano 2 cucchiai di olio, 2-3 bicchieri di acqua e 2 albumi montati a neve. Adatta per carne, pesce e verdura

Pastella per tempura. La tempura, tecnica di frittura giapponese croccante e leggera utilizzata per pesce, carne e verdure. La ricetta originale prevede solo due ingredienti: acqua e farina. La farina da usare è preferibilmente quella di riso ma funziona bene anche la farina 00. L’acqua deve essere frizzante e freddissima. Bisogna aggiungere la farina tutta insieme all’acqua, senza curarsi di mischiare bene, perché l’obiettivo è quello di ottenere una pastella granulosa. L’impasto deve essere riposto in frigo per poi essere utilizzato freddo. Con questa pastella il prodotto finale risulta molto asciutto e croccante.

C’è anche la tempura con l’aggiunta dell’uovo intero, o solo con il tuorlo, o quella solo con l’albume.

 

In conclusione, quale pastella utilizzare?

Innanzitutto molto dipende dal gusto personale. Sia l’accostamento di sapori che lo spessore della pastella possono variare.

L’abbinamento con gli ingredienti da friggere è un altro fattore da valutare: se non piace la birra, o se volete fare le frittelle di mele, meglio non optare per una pastella alla birra. Così come, se dovete friggere un ingrediente dal gusto delicato e leggero, meglio evitare pastelle lievitate o con l’uovo, certamente più pesanti.

Quindi possiamo affermare che non esiste una sola ricetta perfetta, ma ci sono tanti fattori che orientano a scegliere la pastella più adatta al tipo di frittura che si vuole preparare. Comune a tutte è però il fatto che il composto va preparato quasi sempre con pochissimo anticipo e ogni prodotto destinato alla frittura va pastellato e subito dopo tuffato nell’olio caldo, senza attese.

Buon appetito!

Ultimo aggiornamento Venerdì 26 Gennaio 2018 07:36