L'Ordinanza del Tribunale di Roma, II Sezione Lavoro, del 12.04.2018, potrà aprire un nuovo scenario procedurale a vantaggio della equità e della parità di trattamento tra i comparti pubblico e privato nel rispetto del principio sancito dall'articolo 3 della Costituzione
Il malumore diffuso per l'eccessiva ed ingiusta dilatazione dei tempi di corresponsione del TFR/TFS è approdato in tribunale, o meglio alla seconda Sezione Lavoro del Tribunale di Roma, che ha sospeso il giudizio di merito e trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale. Oggetto della questione, un ricorso presentato contro l’Inps in merito al caso dei maxi-ritardi con i quali lo Stato paga la liquidazione agli statali. Il Tribunale, nella decisione di rinvio alla Consulta, ha sottolineato come una corresponsione dilazionata e rateale del trattamento di fine rapporto nell’ambito del pubblico impiego contrattualizzato possa essere disposta in via congiunturale e programmatica, comunque temporanea, con specifico riferimento alla gravità della situazione economica del Paese in un determinato periodo di crisi, e non in via generale, permanente e definitiva, come invece avviene sistematicamente per tutti i dipendenti pubblici collocati in quiescenza.
Il testo dell'Ordinanza di rimessione
Della questione si era già occupato, nei primi anni 2000, il Governo Berlusconi che, nell'intento di contenere la spesa pubblica, avevano rallentato i tempi di erogazione del Tfr in favore dei dipendenti collocati in pensione. La legge di stabilità per il 2014 (comma 484 dell’articolo 1 ) aveva, poi, ridotto ulteriormente i tempi di erogazione del Tfr/Tfs dei dipendenti pubblici, erogabile in unica soluzione, portandolo dai 90.000 euro previsti a 50.000 e allungando i tempi di pagamento in base alle ragioni della cessazione del rapporto di lavoro. Diversificati quindi i tempi di attesa per l’erogazione del trattamento: da un minimo di 105 giorni, in caso di decesso o inabilità del lavoratore, ad un massimo di oltre 2 anni per casi di pensione anticipata. Decisamente più rapido il pagamento del Tfr nel settore privato. Nel Terziario, ad esempio, deve essere erogato entro 30 giorni, nel commercio i tempi si allungano di 15, portando il pagamento entro 45 giorni.
Vale la pena sottolineare come, a differenza del settore privato che ha il solo Tfr, i dipendenti del pubblico impiego assunti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 accedono al Trattamento di fine servizio (Tfs), mentre al personale assunto a tempo indeterminato o determinato successivamente a tale data viene corrisposto il Tfr. In entrambi i casi i dipendenti pubblici soggiacciono alla rateizzazione degli importi spettanti.
Il pagamento, fino al 31 dicembre 2017, del TFR/TFS per i dipendenti pubblici che hanno cessato il rapporto di lavoro perché raggiunti i requisiti della pensione, avviene, come chiarito dalla circolare Inps n. 154 del 17 settembre 2017, entro i seguenti termini e modalità:
Unica soluzione se il TFR non supera i 50.000 euro.
2 rate annuali: se l’ammontare del TFR è tra i 50.000 e i 100 mila euro.
3 rate annuali: se il TFR totale supera i 100.000 euro. In questo caso la prima e seconda rata sono di 50 mila euro e vengono erogate rispettivamente a 6 e a 12 mesi da quando decorre il diritto alla liquidazione della prima indennità, successivamente viene pagata la quota residuale con la terza rata.
Il pagamento del TFR/TFS dei dipendenti pubblici in pensione dal 1° gennaio 2018 avviene dopo 12 mesi con trattamento pensionistico senza penalizzazioni e dopo 24 mesi se il trattamento pensionistico è erogato con penalizzazioni. In pratica per i dipendenti pubblici i nuovi termini di pagamento e liquidazione cambiano a seconda delle cause di cessazione del rapporto di lavoro, per cui alla luce della nuova normativa l’erogazione avviene con diverse tempistiche. Tempo di pagamento breve, entro 105 giorni in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso. Non prima di 1 anno se la cessazione del contratto a tempo indeterminato avviene per pensionamento raggiungimento dei requisiti di servizio o per età. Non prima di 24 mesi se la cessazione avviene per dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento, destituzione dall’impiego ecc.
In merito a questa evidente difformità dei trattamenti fra dipendenti pubblici e dipendenti privati i giudici romani hanno osservato che essa può trovare la sua unica giustificazione, a livello costituzionale, nell’articolo 81, che tutela l’equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio statale, tenendo conto delle fasi avverse del ciclo economico. Tuttavia l’emergenza economica, in linea di principio, pur potendo giustificare un intervento temporaneo e mirato sui trattamenti di fine rapporto, non può infatti avvalorare un’irragionevole protrazione, in via permanente, della dilazione e scaglionamento degli stessi.
L'invio della questione alla Corte Costituzionale apre concretamente, per tutti gli statali, una speranza reale di vedere erogata la liquidazione nei tempi previsti in passato senza penalizzante disparità di trattamento nei confronti di un dipendente del settore privato. Da allora è scattata, in tutta Italia, una vera e propria offensiva per presentare ai Tribunali del lavoro una serie di cause al fine di stabilire l’equiparazione dei tempi di pagamento del Tfr tra lavoratori del settore pubblico e lavoratori del settore privato. Sul punto, si consideri che il Tfr è costituito dai soldi che i dipendenti accantonano nel corso di tutta una vita lavorativa; dunque, allontanare nel tempo l’erogazione di queste somme cagiona un forte danno ai lavoratori, atteso che con il trascorrere del tempo il denaro accantonato a titolo di Tfr perde progressivamente il valore di proporzionalità alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato a causa dell’erosione del potere d’acquisto della moneta.
Interessante prospettiva lanciata dall'ADMI
Nell'ultimo bollettino informativo dell'ADMI è riportata la notizia di uno studio avviato in merito ad una convenzione nazionale che preveda l'anticipazione del "Trattamento di fine servizio"- TFS - dei pensionati statali regolati con la "legge Fornero".
Studiata come una cessione del credito (art. 1260 e ss. Cod. civ.), e non come altro istituto, eviterebbe: un piano di rimborso, rate, imposte sostitutive, tassi variabili, commissioni, fidi, apertura conti correnti, atti notarili.
Viene concessa una somma immediata che rasenta la quota intera del TFS escluso una parte minima di interesse. Ottenute le spettanze non ci sarebbero sorprese o sospesi. Stiamo verificando la concretezza dell'offerta.