Le decisioni dei giudici riguardanti la convivenza in un condominio ed in via generale i rapporti di vicinato
Le massime sono riportate dalla rubrica di giurisprudenza condominiale, attiva fino al 2016, nel sito www.acopi.it
Il risarcimento del danno a chi subisce un disturbo del sonno da parte di un vicino.....suoni e rumori indesiderati, bambini che schiamazzano, cani che abbaiano.....
Pronunciandosi ancora una volta in materia di immissioni di rumore la Corte di Cassazione ha ricordato che la responsabilità sotto il profilo penale non sussiste per il semplice fatto di aver arrecato disturbo al sonno di un vicino.
Come spiega la Corte perché si possa configurare il reato previsto dall'articolo 659 del codice penale (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) non basta che i rumori disturbino i soli abitanti degli appartamenti di un condominio che si trovano ai piani immediatamente superiori o inferiori da quello in cui si propaga il rumore. E' necessario piuttosto che il disturbo riguardi una quantità indeterminata di soggetti. La suprema Corte ha così annullato una sentenza di condanna inflitta dai giudici di merito ad un uomo che era finito sotto processo per la sua abitudine di suonare ad alto volume la chitarra elettrica anche nelle ore notturne. Perché sussista il reato, spiega la Corte, è necessario che l'attività rumorosa sia idonea a disturbare un numero considerevole di soggetti e quindi che il disturbo riguardi tutti i condomini o quelli degli stabili che si trovano nelle vicinanze.
Insomma la norma richiamata prevede come requisito per la configurabilità del reato che vi sia un disturbo nei confronti di una pluralità indeterminata di persone e che sia pertanto turbata e compromessa la quiete pubblica. Questo il profilo penale. Sotto il profilo civilistico, invece, vale la pena ricordare però che le persone che subiscano immissioni di rumore intollerabili hanno sempre la possibilità di richiedere una tutela dinanzi al giudice civile ai sensi degli articoli 844 e 2043 del codice civile.
Art. 844. Immissioni. Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.
Art. 2043. Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.
Art. 659 c .p. (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone). 1. Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro.
2. Si applica l’ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.
L'articolo 659 del codice penale disciplina due distinte fattispecie contravvenzionali una di carattere generale, preveduta e sanzionata al primo comma, che riguarda indistintamente "chiunque" ponga in essere il fatto illecito in questione e una seconda, di cui al secondo comma, che sanziona (a determinate condizioni) le condotte rumorose poste in essere da chi per professione o mestiere svolge delle attività, per loro natura, rumorose. Analizzando la fattispecie contemplata dal primo comma dell'art. 659 del codice penale si può innanzitutto osservare che ci troviamo di fronte ad un cosiddetto reato di pericolo. Il legislatore ha inteso cioè tutelare in un ottica di salvaguardia dell'ordine pubblico il bene costituito dalla quiete pubblica ma anche quello della tranquillità privata con particolare riguardo al riposo delle persone e al tranquillo svolgimento delle loro occupazioni (si pensi quindi ad attività lavorative che richiedono concentrazione, allo studio, alla lettura etc.).
Gli elementi costitutivi della fattispecie di reato sono:
1) Condotta, di tipo commissivo od omissivo, idonea a determinare il disturbo delle occupazioni o del riposo.
2) Dolo o colpa (elemento soggettivo). E' cioè necessario che l'agente si renda conto di porre in essere una condotta lesiva del bene costituito dalla quiete pubblica e privata (dolo), ovvero che avrebbe dovuto rendersene conto usando la normale diligenza (colpa)
Va chiarito che ai fini della sanzionabilità della condotta e della conseguente punibilità del soggetto agente è necessario che la stessa sia astrattamente idonea a determinare un disturbo diffuso e generalizzato delle occupazioni e/o del riposo di una moltitudine di persone, quantunque sia anche una sola persona a lamentarsene.
Pertanto per fare un esempio nel caso di un soggetto che, in un condominio, suonando la chitarra, la batteria, o il pianoforte, di mattina, arreca disturbo ad uno studente; Lo stesso non potrà addurre a giustificante della condotta rumorosa la circostanza che gli altri condomini di mattina siano a lavoro e non vengano disturbati, poichè qualora si trovassero a casa sarebbero comunque disturbati. E' chiaro che non si può comunque prescindere da un accertamento in concreto della lesività potenziale dell'attività rumorosa.
Ulteriore esempio: nel caso di bambini che giocando provocano schiamazzi ovvero nel caso di cani che abbaiano non è esclusa la responsabilità dei genitori/padroni sussistendo in capo agli stessi un obbligo di vigilanza sull'operato dei bambini che fanno rumore ovvero dei cani che latrano. In questo caso la responsabilità per il rumore provocato va ricollegata alla condotta omissiva da parte di chi ha un obbligo di vigilanza (culpa in vigilando)
Il secondo comma dell'articolo 659 del codice penale si sofferma sull'ipotesi in cui la condotta rumorosa sia realizzata da chi per professione o mestiere, per sua stessa natura di carattere rumoroso, contravviene alle normative vigenti (leggi nazionali, regionali, regolamenti comunali etc) relative al corretto svolgimento dell'attività rumorosa in questione. Nella fattispecie in esame non è necessario accertare quindi la natura rumorosa della condotta, la quale si presume "iuris et de iure" e "ipso facto" cioè per il fatto stesso che l'attività rumorosa venga svolta; l'accertamento ai fini della sanzionabilità riguarderà quindi la violazione delle normative di carattere legislativo e delle prescrizioni di natura amministrativa da parte di chi esercita il mestiere rumoroso.
Ad es: chi svolge la professione di meccanico o falegname in un quartiere adibito esclusivamente a zona residenziale e sanzionabile in qualunque momento. Altro esempio: l'officina meccanica o la falegnameria si trovano in una zona artigianale nella quale i regolamenti comunali prevedono comunque che non vengano svolte attività rumorose dalle ore 14:00 alle 17:00 e dalle 22:00 alle 08:00 oppure anche il sabato e la domenica, in questi casi la sanzionabilità della condotta sarebbe legata ai limiti orari e temporali suddetti.
Entrambe le fattispecie di reato sono oblabili: con oblazione facoltativa (a discrezione del giudice) la prima (essendo prevista quale pena anche la reclusione), ex art 162 bis c.p.; con oblazione semplice (art 162 c.p.) la seconda essendo prevista esclusivamente la sanzione dell'ammenda.
Corte di Cassazione. Cane che abbaia, padrone colpevole
La suprema Corte ha sanzionato penalmente il padrone del cane che con il ripetuto abbaiare disturbava i vicini di casa
Se il padrone dell’animale, infatti, non provvede, in qualunque modo, ad impedire che l’amato quadrupede tolga il sonno notturno e la serenità diurna ai vicini, dovrà rispondere penalmente per tali comportamenti fastidiosi.
La colpa non viene meno neppure se il proprietario ha fatto di tutto “per impedire strepiti e latrati”. Ad estendere ulteriormente la responsabilità dei proprietari di cani, la Corte di Cassazione, che ha accolto il ricorso della Procura di trapani, che si era opposta alla assoluzione del signor Cristoforo B, accusato di disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone per aver tenuto nel proprio giardino il cane che arrecava disturbo ai vicini con latrati e strepiti.
Cane al parco senza guinzaglio? Si rischia la condanna per lesioni colpose. Soggetto penalmente responsabile è colui che conduce l'animale senza le necessarie cautele
Per i possessori di cani guai a portare il loro amico a quattro zampe nel parco senza il guinzaglio: se fa male a qualcuno il padrone può essere condannato per lesioni. Questo ha affermato la quarta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n.43390 del 2007, confermando la condanna per lesioni colpose gravi nei confronti di un 40enne romano che, nel parco capitolino di Villa Glori, aveva lasciato il suo pastore tedesco libero. L'animale, correndo, aveva fatto cadere rovinosamente un ragazzo provocandogli lesioni permanenti alla mano. Per questo a settembre del 2001 il Tribunale di Roma aveva condannato il padrone del cane ad un mese di reclusione. La Corte d'Appello, due anni dopo, aveva rideterminato la pena in 100 euro di multa, revocando il beneficio della sospensione, e confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso tale decisione il 40enne ha fatto ricorso alla Suprema corte ma senza successo. Inutili gli sforzi della difesa per smontare l'impianto accusatorio. In prima battuta l'uomo aveva sostenuto che non c'erano prove circa la dinamica dell'incidente, tesi smontata dalle testimonianze. In seconda battuta l'imputato aveva provato a discolparsi dicendo che il cane non era suo ma che lui lo portava soltanto a spasso. Una circostanza, questa, ininfluente secondo i magistrati di «Piazza Cavour»: «del resto», motiva in proposito la Cassazione, «ciò che rilevava ai fini della individuazione del soggetto penalmente responsabile non era tanto l'accertare chi avesse la proprietà dell'animale, bensì chi, in quel contesto temporale, avesse condotto il pastore tedesco in un luogo pubblico senza adottare le necessarie cautele, nel caso specifico il tenerlo al guinzaglio.
In presenza di un cane senza guinzaglio è necessario chiamare i Vigili Urbani. La legge prevede una sanzione di 200 €, salvo quanto previsto dal codice penale per eventuali aggressioni, perché l'infrazione di cui si parla rientra nella "mancata custodia di animale" e con i fatti di cronaca di tal genere ripetutisi a più riprese la attenzione al problema risulta piuttosto alta
Lo stalking condominiale: punibili le condotte persecutorie del vicino di casa
Domenica 27 Maggio 2012 15:33
La Cassazione ha considerato applicabile l’aritcolo 612 bis del Codice Penale ai comportamenti che hanno riguardato anche differenti condomini o coinquilini
Il termine persecuzione indica chiaramente il comportamento del seguire,”sequor” in latino, ripetuto e prolungato (il suffisso per) nel lungo periodo tanto da creare fastidio e turbamento nel soggetto “vittima” di attenzioni e di avvicinamenti indesiderati. Un vicino di casa vi prende a male parole, vi importuna? Vi offende ripetutamente quando vi incontra per le scale, in ascensore o davanti al portone sul pianerottolo o sull’uscio della p alazzina? La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 20895 del 25 maggio 2011, ha stabilito che il responsabile debba essere punito per stalking, termine moderno di grande uso che indica le varie molestie che creano ansia nella persona perseguitata.
Queste tipologie di comportamenti nocivi risultano in costante aumento, anche nel quotidiano condominiale. Il reato di “atti persecutori” è stato introdotto in Italia dall’articolo 612-bis del nostro codice penale e “salvo che il fatto costituisca più grave reato, prevede che sia punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, numero 104, ovvero con armi o da persona travisata. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, numero 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”
Vi è stalking anche se gli atti persecutori hanno ad oggetto persone diverse, ad esempio, tutte le donne residenti in un condominio. Vanno infatti considerati, a tal fine, l’ansia e il turbamento che la condotta molesta può generare su tutti i condomini (o coinquilini), anche non direttamente oggetto degli atti persecutori”. La situazione di fatto alla base della sentenza “storica” della Suprema Corte era la ripetizione di molestie a carico sistematico delle donne di una palazzina, attuate mediante arresto dell’ascensore e distacco della energia elettrica. I giudici hanno considerato anche lo stato di ansia a carico di tutti i condomini anche qualora questi non siano direttamente oggetto degli stessi atti persecutori. Gli ermellini hanno puntualizzato la differenza tra violenza privata e stalking: la violenza privata è finalizzata a costringere la persona offesa a fare, non fare o omettere qualcosa, mentre lo stalking influisce sull’emotività della vittima. (V.B.)
Furti in appartamenti grazie ai ponteggi allestiti senza le dovute cautele? Per la Cassazione ne risponde l’imprenditore incaricato della ristrutturazione dell’immobile
venerdì 25 Maggio 2012 20:04
La Corte di Cassazione, III Sezione Civile, con sentenza n.292 del 10 gennaio 2011ha stabilito che, in caso di furto in appartamento posto in essere da persona che abbia utilizzato i ponteggi installati per lavori di manutenzione, a rispondere del danno subito, ai sensi della responsabilità Aquiliana ex art. 2043 cod. civile (nemo potest alicui laedere)., sia l'imprenditore che per tali lavori si sia avvalso di dette impalcature. Questo però nel solo caso in cui , l’imprenditore abbia omesso di impiegare per esse tutte le cautele e gli accorgimenti atti ad impedirne l'uso anomalo da parte di terzi, così creando colposamente un agevole accesso ai ladri e ponendo in essere le condizioni del verificarsi del danno subito dagli inquilini/condomini derubati”.
Obbligo di museruola e guinzaglio per i cani anche negli spazi condominiali (Avv. Valeria Bordi)
Martedì 20 Dicembre 2011 14:51
La Corte di Cassazione torna a decidere sui cani e questa volta affronta il tema rapportandolo alla sicurezza nell’ambito degli spazi condominiali.
I giudici di Piazza Cavour invitano i proprietari di animali domestici ad adottare cautele idonee ad evitare che gli amici a quattro zampe possano arrecare danni a terzi, anche quando si trovano all'interno di un condominio.
La Corte di cassazione, con sentenza 4672 del 2009 spiega che chi vuole portare il proprio cane nel cortile condominiale deve custodirlo con particolare cautela e quindi munirlo di museruola e guinzaglio, giacché, nel caso in cui l'animale aggredisca qualcuno, scatta una responsabilità di tipo penale.
Sulla base di tale principio la Quarta Sezione penale della Corte ha confermato la condanna per il reato di lesioni colpose nei confronti di un uomo che nonostante ripetute lamentele da parte dei condomini continuava a giocare, con il suo cane nel cortile condominiale, tirandogli una pallina.
Un giorno l'animale aveva gradito un condomino facendolo cadere a terra e provocandogli delle lesioni. Il caso finiva in Tribunale e i giudici, sia in primo grado sia nel giudizio d'appello, infliggevano all'imputato una condanna per lesioni colpose. L'uomo inutilmente ha tentato di rivolgersi alla Suprema Corte che ha respinto il suo ricorso evidenziando che il proprietario dell'animale è "colpevole di avere lasciato libero l'animale e omesso di custodirlo nel cortile condominiale, dove si trovavano altre persone, tenuto conto della mole dell'animale".
Il proprietario del cane – aggiunge la Corte - è tanto più colpevole perché "era solito fare quel gioco con il cane nel cortile condominiale, libero dal guinzaglio e dalla museruola, e che nonostante gli ammonimenti, non aveva inteso usare maggiore cautela".
Parcheggiare la propria vettura in spazi condominiali impedendo l'uscita ad altri veicoli e rifiutarsi di spostarla, configura il reato di 'violenza privata'
giovedì 17 Marzo 2011 00:00
(Cassazione - Sez. V Penale Decisione 7592 del 28 febbraio 2011)
Bloccare con la propria auto quella di un vicino di casa potrebbe sembrare un semplice sgarbo, un atto di inciviltà. Ebbene tale comportamento è ben più grave di tale semplicistica valutazione e secondo la Corte di Cassazione esso configura un vero e proprio reato riconducibile alla violenza privata di cui all'articolo 610 del codice penale. Con la Sentenza n. 7592 del 28.02.2011 la Suprema Corte ha infatti condannato un condomino che, all'interno del cortile dello stabile in cui abitava, aveva ostruito (per oltre un'ora) ogni possibile manovra di uscita alla macchina di un'altra condomina. Questa aveva suonato ripetutamente il clacson e citofonato al responsabile del gesto, prima di sentirsi male a causa dello stress accusato in tale circostanza. Gli ermellini hanno ritenuto, nel caso di specie, prive di alcuna rilevanza le eccezioni sollevate dalla difesa, riferibili "al non aver trovato le chiavi dell'auto" o "alle scuse espresse dal balcone di casa all'indirizzo della malcapitata". La sentenza dei giudici del palazzaccio è stata lapidaria "30 giorni di carcere più risarcimento del danno"
Nulla la notifica al portiere se l'ufficiale giudiziario non indica le ricerche svolte per trovare il destinatario nel rispetto dell'art. 139 c.p.c.
Giovedì 17 Marzo 2011 00:00
(Cassazione Sentenza 19417 dell'11 settembre 2010) La notifica mediante consegna al portiere può risultare nulla nel caso in cui l'ufficiale giudiziario non dia atto, nella relata di notifica, del mancato reperimento del destinatario e degli altri soggetti indicati con formula tassativa dalla disposizione dell'art.139 del c.p.c. Così hanno sentenziato i giudici della II Sezione civile della Cassazione con decisione dell' 11 settembre 2010, n. 19417. Il principio affermato dagli ermellini, sulla base di due pronunce storiche delle Sezioni Unite (n. 8214 del 20 aprile 2005 e 11332 del 30 maggio 2005) è che "in caso di notifica nelle mani del portiere, l'ufficiale deve dare atto, oltre che dell’infruttuoso tentativo di consegna a mani proprie per assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l'atto, onde nel riferire al riguardo, sebbene non debba necessariamente fare uso di formule sacramentali né riprodurre testualmente le ipotesi normative, deve, non di meno, attestare chiaramente l'assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal secondo comma dell'art. 139 c.p.c., la successione preferenziale dei quali è nella norma tassativamente stabilita”.
Bambini rumorosi, sono i genitori ad essere sanzionati
Mercoledì 07 Luglio 2010 00:00
Se i bambini fanno rumore e danno fastidio ai vicini di casa, sono i genitori ad essere sanzionati. Così la I sezione Penale della Corte di Cassazione - sentenza 23862 del 2010
Bambini e ragazzini, si sa, hanno l' argento vivo addosso, ma c'è un limite ai rumori che "le nuove generazioni" possono fare ed a mantenere urla e rumori entro questo limite devono provvedere i genitori. Infatti, se i figli urlano all'interno di un condominio o creano fastidi "da rumore" ai vicini, i genitori rischiano di pagare una multa. Lo afferma la Corte di Cassazione che invita così i genitori a vigilare sui propri figli per evitare che questi possano arrecare disturbo con i loro schiamazzi al vicinato. Il caso esaminato dalla Corte riguarda due genitori che sono stati condannati a pagare 40 euro di multa per il reato punito dall'art. 659 del codice penale perchè non avevano vigilato per evitare che i piccoli arrecassero disturbo a terzi. La prima sezione penale, con sentenza n. 23862 del 2010, ha dichiarato legittima la sanzione inflitta dai giudici di prime cure.
Art. 659 Codice Penale. Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone
Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a lire seicentomila. Si applica l’ammenda da lire duecentomila a un milione a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.
Lecito minacciare i vicini se sono molesti
Martedì 07 Luglio 2009 00:00
Quando i vicini di casa sono particolarmente fastidiosi, al punto da risultare molesti secondo la connotazione giuridica di questo attributo, una frase del tipo “te la farò pagare”, che in via generale costituisce una minaccia, non costituisce reato.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione che ha dato il via libera alle minacce nei confronti di condomini fastidiosi. I giudici del Palazzaccio con la sentenza numero sentenza 3492/2009 hanno infatti annullato “perché il fatto non sussiste” una condanna per minaccia che i giudici di merito avevano inflitto ad una donna che si era rivolta ai suoi vicini con le parole testuali “Ve la farò pagare”. Secondo la Corte non si può ravvisare un'ipotesi di reato in una simile minaccia quando questa è rivolta ad alcuni condomini che con il loro comportamento si sono resi molesti disturbando la quiete condominiale, bene meritevole della massima tutela. La vicenda, come annota la Corte si è verificata all'interno di un conflitto tra vicini caratterizzato da condotte reciprocamente lesive (nello specifico l'imputata aveva installato una condotta pluviale che aveva determinato uno scolo sul fondo dei vicini e questi ultimi avevano installato una condotta abusiva esercitando anche un passaggio non consentito sul fondo dell'imputata).
Intervenuti i carabinieri per tentare di convincere la signora ad eliminare il tubo che raccoglieva le acque piovane la donna aveva reagito proferendo la minaccia oggetto della vexata quaestio. Assolta dal giudice di pace l'imputata veniva però condannata dal Tribunale e la diatriba era poi giunta all’esame degli ermellini di piazza Cavour. E’ da notare che la Corte, nell’annullare la sentenza ha evidenziato nella parte motiva che l'espressione proferita “non è altro che una comprensibile reazione all'iniziativa dei vicini, alludendo alle iniziative giudiziarie che avrebbe intrapreso per rimuovere o inibire le
situazioni illegittime in suo danno ". E' per questo che, avendo riferimento al caso specifico, questo tipo di minaccia non è altro che "il mero esercizio di legittima facoltà Associazione Conduttori di Via Pienza www.acopi.it come tale inidonea ad integrare male ingiusto e ad incutere timore nei soggetti passivi, menomandone la sfera di libertà morale".
Multa per i proprietari di animali domestici che causano puzza nel condominio (avv. Valeria Bordi)
Sabato 05 Luglio 2008 00:00
Se c’è puzza nel palazzo dove si abita e la causa sono gli animali domestici di qualche condomino, i proprietari possono essere multati. Così la Suprema Corte con decisione n.19206 del 2008
Sono tante le cause che rendono la vita condominiale meno vivibile e tra queste ci sono anche i cattivi odori procurati dalle deiezioni di cani e gatti. Per la Corte di Cassazione si tratta di vere e proprie "molestie" alle persone ed i proprietari degli animali sono tenuti ad adoperarsi in maniera efficace per contenere a livelli accettabili gli "odori” dei loro amici a quattro zampe.
Con Sentenza n. 19206 del 2008 la terza sezione penale della Corte ha confermato una multa di 105 euro nei confronti di una signora che con i suoi 30 gatti e 4 cani, aveva provocato emissioni di gas nauseabondi proveniente da escrementi e urine degli animali. Per quelle molestie la donna è stata anche condannata a risarcire il danno alla sua vicina. I giudici del Palazzaccio hanno ritenuto che nel caso di specie la padrona degli animali deve essere ritenuta responsabile di avere creato "molestie al vicinato".
La vicenda risale al 2003 e gli uomini della Polizia Municipale avevano rilevato che dal giardino della proprietaria degli animali "provenivano odori nauseabondi". La donna era stata condannata dal Tribunale di Messina. Il caso è finito in Cassazione ed i Giudici della Corte hanno ricordato che il reato previsto dall'art. 674 c.p. non punisce soltanto "le emissioni di gas, vapori o fumo idonei a imbrattare o cagionare molestie alle persone provenienti da attività produttive nei casi non consentiti dalla legge, ma anche tutte quelle esalazioni maleodoranti comunque imputabili all'attività umana, quali ad esempio quelle provenienti dalla presenza nel proprio giardino di numerosi animali senza l'adozione di cautele idonee ad evitare disturbo o molestie ai vicini". Legittimamente, rileva piazza Cavour il Tribunale ha fatto scattare la multa dando atto che poco rileva che "gli animali anche se dal punto di vista sanitario fossero tenuti bene". La colpa della padrona risulta essere quella di avere evitato "specialmente nei mesi estivi il propagarsi di odori nauseabondi, idonei a creare molestia alle persone che abitavano nella zona".
Art. 674 Getto pericoloso di cose
Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a lire quattrocentomila.