Interessante l’Ordinanza della VI Sezione Civile datata 28 Maggio 2020 N. 9997, che fissa un principio di assoluta rilevanza quale “il diritto degli avventori di pretendere dal gestore del ristorante che sia preservata la loro incolumità all’interno del locale” in quanto che l’accordo di ristorazione prevede non solo la somministrazione di cibi e bevande, ma anche l’ospitalità.
I magistrati di piazza Cavour hanno puntualizzato che il contratto di ristorazione, fondato sul sinallagma della somministrazione di pietanze e bevande a fronte del pagamento del corrispettivo economico (il conto), impone al ristoratore anche di garantire l’incolumità dei clienti, in modo analogo a quanto avviene nei contratti di albergo, di trasporto etc.
Certamente non si tratta di una responsabilità illimitata, che invece può essere esclusa qualora si sia in presenza di accadimenti fortuiti e se in concreto l’evento lesivo non poteva essere previsto ed evitato.
Il caso che ha dato origine alla vexata quaestio è stato lo scivolamento di una pizza bollente sul braccio di una ragazza, ustionata mentre festeggiava al ristorante un compleanno con un gruppo di amici. Da lì la richiesta di risarcimento del danno avanzata dai genitori della ragazza (quantificato in 30.000 euro), il giudizio di primo grado, l’esito dell’appello e l’esame della Corte di Cassazione.
In realtà il Tribunale adito in primo grado rigettava la domanda della parte lesa mentre la Corte d’Appello accoglieva il ricorso ai sensi dell’art. 1218 codice civile che dispone testualmente che “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
La corte di seconde cure sottolineava che gli addetti al servizio all’interno della pizzeria erano ben consapevoli della turbolenza dei giovani e della correlata necessità di adottare comportamenti adeguati a tale evidenza comportamentale.
Conseguente quindi l’intento del ristoratore di rivolgersi alla Suprema Corte, lamentando, tra gli altri, la carenza di motivazione in relazione alla stima del danno patito e la evidente connotazione, nel caso di specie, di un caso fortuito, che escluderebbe il nesso di causa tra inadempimento e danno, motivi questi, entrambi accolti dagli ermellini.
In ordine al motivo fondamentale del ricorso, riguardante la connotazione della domanda giudiziale che, a detta del ristoratore, doveva essere qualificata dalla Corte d’appello come domanda extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2043 c.c, gli ermellini hanno precisato che l’avventore che stipula con il gestore di un ristorante un contratto d’opera ha il diritto di pretendere che sia tutelata anche la sua incolumità fisica, poiché l’accordo di ristorazione prevede non solo la somministrazione di cibi e bevande, ma anche l’ospitalità.
Ne deriva che, al pari dei contratti di albergo e trasporto “il creditore affida la propria persona alla controparte. E tanto basta per far sorgere a carico di quest’ultima, l’obbligo di garantire l’incolumità all’avventore, quale effetto naturale del contratto ex art. 1374 c.c.”
Si viene quindi a determinare un effetto di legge generale, applicabile tutti i contratti, compreso il contratto di ristorazione, per cui sussiste l’obbligo di salvaguardare l’incolumità fisica di clienti/avventori, quando la prestazione dovuta sia teoricamente suscettibile di nuocere.
Tale obbligo discende dall’art. 32 Cost., norma direttamente applicabile anche nei rapporti tra privati e sussiste necessariamente in tutti i contratti in cui una delle parti affidi la propria persona all’altra e dunque non solo nei contratti di spedalità o di trasporto di persone, ma anche in quelli di albergo, di spettacolo, di insegnamento d’una pratica sportiva, di ristorazione.
La Corte di Cassazione, pur condividendo la presenza del caso fortuito nella dinamica presa in esame, ha sottolineato come la festosa agitazione dei ragazzi che componevano la comitiva presente nel ristorante fosse prevedibile, e l’incidente si sarebbe potuta evitare da parte del ristoratore adottando “le adeguate cautele”.
Tale ultima affermazione rappresenta – secondo i giudici di legittimità – una falsa applicazione degli articoli 1218 e 1176 c.c. sul caso fortuito. In particolare “E’ certamente vero che il fatto del terzo può integrare gli estremi del caso fortuito, ed è altresì vero che il caso fortuito, per escludere la colpa del danneggiante, deve avere due caratteristiche:
1- non poteva essere previsto, nè evitato; 2- il responsabile aveva l’obbligo (legale o contrattuale) di prevederlo od evitarlo”.
In conclusione l’evento fortuito, ma prevedibile od evitabile, non libera l’autore del danno da responsabilità, contrattuale od aquiliana che sia.
Così deciso dalla VI Sezione Civile della Corte di Cassazione con Ordinanza del 28.11.2019 depositata il 28.5.2020, con la quale viene cassata la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Roma in nuova composizione, cui demanda anche sulle spese del giudizio di legittimità.