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Home L'occhio del burologo Corinne Maier in “Bonjour paresse” celebra la pigrizia in ufficio come formula vincente del buon vivere

Corinne Maier in “Bonjour paresse” celebra la pigrizia in ufficio come formula vincente del buon vivere

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Si può dare il meglio di se stessi in un ambiente di lavoro che premia i "segnalati", gli "apparentati", "i politicizzati", spesso incapaci, inadeguati ed incapaci? Guardatevi intorno e datevi una risposta!

In Francia sembra ormai al tramonto il mito dei workalcoholics, gli intossicati dell’ufficio, i nemici della domenica, i disperati della scrivania, se risulta ancora apprezzato quello che è considerato  un vero e proprio manuale per gli scansafatiche, una guida per sopravvivere all’ufficio ed ottenere il massimo del risultato con il minimo dell’impegno. Si tratta del libro cult della accidia aziendale,  Bonjour paresse” – “buongiorno pigrizia”, una pubblicazione per impiegati di ogni livello, età e cultura, conosciuto oramai nei mercati di mezzo mondo. In effetti gran parte delle tematiche, degli entusiasmi, delle delusioni e delle stranezze del rapporto tra l’essere umano con l’ambiente di lavoro sono le stesse in ogni latitudine del pianeta e sono soprattutto accomunabili da un elemento psico-fisico e comportamentale presente ovunque, ossia la strategia di sopravvivenza in un habitat artificiale quasi mai definibile “ a misura d’uomo”.

 

Talune assurdità raccontate nel libro della Maier inducono inevitabilmente molti lettori (e ancor più lettrici) a dire il fatidico “ma questo e quello che avviene esattamente nel mio ufficio, comprese le promozioni ed i trasferimenti più illogici del mondo”. Gli integralisti della pigrizia, i sedentari h-24, gli scansafatiche da Guiness, gli antistakanovisti d’origine controllata, hanno tributato un consenso completo a questa specie di “esslet”, una via di mezzo tra un saggio (essay) ed un pamphlet, caratterizzato da contenuti diretti e senza fronzoli, che certamente non fanno felici i vertici delle aziende pubbliche e private d’Oltralpe, messi alla berlina. E c’è da giurare che feroci dissensi e ed incontrollati entusiasmi si propaghino a breve in tutta Europa, per poi contaminare anche i travet d’oltreoceano.

 

L’euroimpiegato del ventunesimo secolo sarà certo incuriosito di conoscere il decalogo della nuova poetessa dell’antilavoro che in modo diretto e frontale ti dice 1) Non c’è modo di realizzarsi in questo tipo di struttura lavorativa; 2) E’ impossibile cambiare il sistema; 3) Quello che si fa non ha in verità una grande rilevanza; 4) Accettare nuove responsabilità significa solo complicarsi la vita; 5) Le posizioni più basse della gerarchia lavorativa consentono una maggiore libertà di vita; 6)Non vanno avanti i più meritevoli ma i più segnalati ed apparentati ; 7) Lo stipendio a fine mese è l’unica cosa che effettivamente conta; 8) Punta a collocarti al posto giusto, poi si possono tirare i remi in barca; 9) Gli unici che lavorano sodo sono quelli con il contratto a termine; 10) Convinciti che l’organizzazione aziendale che scandisce i tuoi comportamenti lavorativi è imperfetta e non può durare in eterno.

 

Verità mezze-verità, assiomi o esagerazioni, sarà ogni lettore a giudicare i comandamenti per i lavoratori “dipendenti” di nuova generazione, ma una verità inconfutabile e quella che un dipendente sia in grado di dare il meglio di sé stesso quando è considerato, motivato, quando l’ambiente di lavoro – persone ed organizzazione – gli consentono di svolgere la propria attività in un clima di serena convivenza, quando l’uomo-lavoratore si sente parte vitale (o addirittura preziosa) del sistema, quando il lavoro offre spazio alla creatività ed al libero fuoriuscire delle personali vocazioni, quando il datore di lavoro o la semplice gerarchia non ti opprimono ……ma, sempre parafrasando la Sagan, ci accorgiamo che forse dal “bonjour paresse” stiamo scivolando verso un “bonjour utopie”.

 

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