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Pagina 30. Eva Bellacicco ci fa incontrare Marcello Mastroianni grazie al libro “Mi ricordo, sì io mi ricordo” di Francesco Tatò

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Nel 1996 Marcello Mastroianni, nelle pause del film che sta girando in Portogallo, si concede alla telecamera di Anna Maria Tatò e si racconta. Il film-documento si intitola “Mi ricordo, sì io mi ricordo”, così come il libro che è fedele trascrizione, curata da Francesco Tatò, della narrazione dell’attore.

Sono i ricordi dell’ uomo che si fondono alle esperienze dell’attore (e alla storia del cinema che qui viene in gran parte ripercorsa con  curiosi aneddoti), raccontati con la nota pacatezza del protagonista, la sottile vena umoristica a cui ci hanno abituati i suoi personaggi, e la genuinità che, forse, non ci saremmo aspettati da un divo del cinema.

La forza del libro sta nell’offrire ad un pubblico affezionato  e innamorato dell’artista più elegante della cinematografia italiana e più amato da quella internazionale, brevi capitoli in cui si prende confidenza con un  Mastroianni uomo  del proprio  tempo dai  forti legami col passato e , soprattutto, con gli affetti. Schivo e pigro nel quotidiano, ironico quando racconta dei vizii, intenso quando ricorda l’infanzia o la guerra, indulgente e sarcastico  verso i lati sgradevoli  dell’avventura cinematografica , riconoscente ai grandi artisti con cui ha lavorato e attratto dalle cose belle e dalla letteratura. Nulla del grande “tombeur de femme” come l’ha voluto dipingere il cinema, si ritrova in lui. Piuttosto l’ involontario seduttore del suo pubblico  e un grande amante della vita. Inutile dirlo: impossibile leggere il libro senza che le parole abbiano il suono della sua voce.

 

 

PICCOLE DEBOLEZZE

“ In quest’ansia di girovagare, mi ricordo che tanti anni fa, subito dopo La dolce vita, Fellini ebbe un’idea meravigliosa.

Avrebbe voluto raccontare un’Italia notturna attraverso i commissariati. Un commissariato a Mestre, uno a Fiumicino, uno in Sicilia….Cioè questo luogo misterioso, notturno, dove capita di tutto: dalla prostituta all’ubriacone, da quello che ha litigato con la moglie a quello che non sa dove andare a dormire. Ricordo che dicevano entusiasti: “Ci compriamo una grande roulotte e giriamo tutta l’Itali, ci fermiamo dappertutto, dormiamo in roulette”. e sempre con quest’aria un po’ naturale, un po’ infantile, così, alla ventura..

Solo che alla televisione chiesero a Fellini qual era la sua posizione politica. Era l’epoca delle Brigate Rosse, carabinieri e Brigate Rosse. Non capirono che Fellini non voleva raccontare questo, ma un quadro di un’Italia tenera, anche disperata, e piena di humour. Non se ne fece niente. Ci è rimasto questo sogno di andare di qua e di là.

Anche perché allora, vi sorprenderà, noi avevamo la mania delle automobili, che erano sempre un mezzo per spostarci. Non ci crederete. Fellini aveva una Mercedes 300 SL, quelle con le ali a gabbiano, che si aprono in alto. Difficile immaginare Fellini con una simile macchina sportiva. Lui adorava le automobili americane, nere, sempre di colore nero. E gareggiavano a chi cambiava l’automobile più spesso: era un gioco ridicolo, tanti soldi buttati dalla finestra.. Ma anche questo, infondo, sottolinea l’aspetto  - mi dà un po’ fastidio ripeterlo, ma è così – un po’ infantile, un po’ “vitellonesco”. Comunque ci divertivamo molto con questo gioco:

Quante ne ho comprate, di automobili! Ma si può essere più cretini? Rimpiango solo di non avere una documentazione. Oggi avrei potuto fare un tabellone, con la fotografia di me a fianco di ogni macchina che ho avuto: ma forse per mostrare ai nipoti, se ne verranno, quanto era cretino il  loro nonno.

Voi direte: “Vabbè, ma a noi che c’importa di queste sciocchezze che racconti sulle automobili?” Devo parlare di me. Grandi qualità da esporre non ne ho, quindi parlo dei miei piccoli difetti, delle mie piccole debolezze”

 

 

 

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