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Home Pagina 30 Pagina 30.'La scuola di New York' di Viviana Birolli, raccolta e testimonianza dell'avanguardia artistica americana. Di Eva Bellacicco

Pagina 30.'La scuola di New York' di Viviana Birolli, raccolta e testimonianza dell'avanguardia artistica americana. Di Eva Bellacicco

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Un profilo di molti degli artisti che incontreremo al Palazzo delle Esposizioni di Roma in occasione della mostra su Guggenheim allestita fino al 6 maggio 2012
La scuola di New YorkFino al 6 maggio 2012 presso il Palazzo delle Esposizioni avrà luogo la mostra “Guggenheim. L’avanguardia americana 1945–1980” L’esposizione che comprende alcune delle opere maggiormente rappresentative dell’Avanguardia Americana relative al periodo artistico che va dal dopoguerra fino agli anni ’80, è anche un tributo all’importanza e alla lungimiranza che la Fondazione Salomon Guggenheim Museum ebbe nel promuovere movimenti e artisti, concedendo loro l’occasione di rivelarsi al mondo intero Nelle ampie sale espositive potremo trovarci in compagnia delle opere di Andy Warhol, Robert Motherwell , Willem de Kooning, Jackson Pollock e tanti altri, cioè di quella che fu definita “La scuola di New York” che in qualche anno avrebbe cambiato i valori estetici di riferimento fino ad allora imperanti.
Le testimonianze di alcuni di questi protagonisti trovano posto tra le pagine di un breve testo di Viviana Birolli “La scuola di New York”, che inizia col raccogliere le testimonianze di alcuni degli artisti e finisce col delineare un profilo nient’affatto didascalico o saggistico del clima artistico della città che sostituì l’America all’Europa come centro mondiale dell’arte, in seguito ad un’inarginabile confluenza e migrazione di artisti da un continente all’altro.
Sono righe appassionate, in cui si possono cogliere facilmente i differenti punti di vista dei singoli pittori, ma soprattutto la comune passione e lo stesso impegno nei riguardi della necessità di riformulazione del concetto d’arte. Gli scritti qui riuniti sono riflessioni personali, a volte intime, sull’arte e sul ruolo dell’artista nella società, e contengono la descrizione di come nasca un’opera che porta in sé la sua genesi, gli errori e i ripensamenti del suo creatore. La virtù di un piccolo libro come questo risiede essenzialmente nella capacità di avvicinare il visitatore alla nuova poetica, far apprezzare l’impegno intellettuale e fisico degli artisti e consentire una più facile comprensione delle opere esposte. Interessanti la documentazione fotografica e la breve storia del movimento, che trovano posto nella seconda parte della pubblicazione.

ROBERT MOTHERWELL “Ognuno dei miei quadri”

“Ognuno dei miei quadri inizia con una serie di errori e si sviluppa poi dalla loro correzione, in un processo di natura istintuale. Inizialmente ci sono forme e colori dispersi, senza alcun legame né tra di loro né con il mondo esterno; il mio lavoro procede senza immagini. L'effetto finale di unità è il risultato di una modulazione di superficie, attraverso innumerevoli tentativi ed errori; l'immagine finale fissa il momento del processo in cui ciò che stavo cercando mi è balenato davanti agli occhi, come in un lampo.Nei miei dipinti sono sepolti strati di errori – un esame ai raggi X porterebbe alla luce tutti questi crimini -, stratificazioni di stati di coscienza, di volontà; sono una serie di umiliazioni derivanti dalla consapevolezza che solo in uno stato di soggettività eccitata, di libertà della sfera concettuale della coscienza – e proprio con quelle forme e quei colori che sempre ho considerato secondari o accidentali – mi è possibile attingere l'ignoto, che, tuttavia, una volta raggiunto, non riconosco mai, per cui continuo incessantemente a cercar.
Quell'assoluto che soggiace sullo sfondo di tutte le mie operazioni di “messa in relazione” sembra arretrare ogni volta che mi pongo sulle sue tracce; inoltre, la relazione non può darsi in mancanza.
Di punti di appoggio (materiali). Comunque, quanto più mi avvicino all'assoluto, tanto più impietosamente vengono alla luce tutti i punti deboli del mio lavoro.
A mio avviso la tecnica della pittura a olio si oppone, con maggior forza di altri mezzi, a un contenuto avulso da ogni relazione con l'esterno. Minaccia continuamente, a causa della sua mobilità e sottigliezza, di conferire al lavoro una complicatezza che va ben al di là della semplicità inerente in massimo grado all'astrazione. La mia recente, progressiva devozione all'uso dell'olio, in confronto allo spirito costruttivo del collage, è dovuta a un eccezionale aumento del grado di complessità del mondo in cui viviamo, ogni scarto nella situazione umana non può che ingenerare un corrispondente scarto nella tecnica e nella scelta dei soggetti”

 

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